Phorm , la società che propone il behavioural advertising ad aziende e utenti del Regno Unito, è di nuovo al centro dela scena : i magistrati del Crown Prosecution Service hanno annunciato di avere avviato un procedimento nei confronti di British Telecom , presumibilmente colpevole di aver testato il behavioural advertising senza il consenso delle “cavie” telematiche.
Webwise, la tecnologia di Phorm responsabile del controllo delle abitudini di navigazione dei netizen, è stata testata tra settembre e ottobre 2006 nell’ambito di un trial di due settimane su 18mila sottoscrittori totali. Il dato è divenuto di pubblico dominio dopo il leak di un documento a uso interno di BT, che ha portato alla luce l’esclusione degli utenti interessati da qualsiasi possibilità decisionale : i netizen sono stati spiati, analizzati e profilati senza che ne fossero a conoscenza o potessero dire alcunché a riguardo.
Gli investigatori del CPS stanno raccogliendo tutta la documentazione necessaria per imbastire una causa contro BT, e in attesa della formulazione di una posizione ufficiale si può anticipare che le eventuali accuse verterebbero sulla violazione del Data Protection Act , che prevede il consenso informato dei diretti interessati prima di qualsivoglia operazione di analisi sui dati personali e il Regulation of Investigatory Powers Act del 2000, che sancisce l’illegalità del monitoraggio delle comunicazioni senza le dovute autorizzazioni .
Dunque, dopo aver stabilito la legittimità dei sistemi di profilazione comportamentale, le autorità anglosassoni si preoccupano di garantire che la privacy dei cittadini venga rispettata in pieno anche in un regime di advertising gestito a livello di provider.
Alexander Hanff , consulente per la privacy già responsabile di una ricca documentazione su Webwise consegnata alle autorità prima che queste stabilissero la legalità della tecnologia di Phorm, chiama a raccolta gli utenti per una campagna di missive da spedire direttamente al CPS “per dimostrare che l’opinione pubblica sostiene che sia nel suo totale interesse che BT Group PLC (e Phorm come sua complice) venga perseguita per l’intercettazione illegale di oltre 100 milioni di comunicazioni Internet durante i trial” di due anni fa.
“Il tempo per agire è ora”, continua Hanff, ed è importante anche sensibilizzare i propri rappresentanti in parlamento perché si muovano contro questo genere di “nuova corsa all’oro” dell’advertising invasivo, nonché inviare “un chiaro messaggio all’industria sul fatto che tali attività non saranno tollerate”.
Alfonso Maruccia