Il cielo sopra Google era diventato nero, dopo l’intervento del garante britannico della privacy, l’ Information Commissioner’s Office (ICO). In seguito alle indagini, venivano riscontrate “significative infrazioni” nell’identificazione delle reti WiFi effettuata da BigG insieme alle fotografie per il servizio di mappatura Street View. Il colosso di Mountain View correva ai ripari, annunciando ufficialmente l’eliminazione di tutti quei dati raccolti inavvertitamente a mezzo wireless . Dati frammentati, come sottolineato alla fine del 2010 dai vertici della Grande G. Informazioni relative ad indirizzi di posta elettronica, URL e password. Tutto eliminato per evitare la mano pesante dell’ICO e di altre authority d’Europa, ora sconvolte da una lettera aperta inviata dal global privacy counsel di BigG Peter Fleischer. L’azienda californiana ha ammesso un nuovo errore, confermando di essere ancora in possesso dei dati di Street View, raccolti con le cosiddette googlecar in terra d’Albione .
“Una piccola porzione di dati”, ha spiegato Fleischer nella missiva spedita al garante britannico. Pare che Google abbia inviato notifiche simili in numerosi paesi del mondo, dall’Irlanda all’Australia . Immediata la risposta dell’ Office of the Data Protection Commissioner irlandese: le nuove rivelazioni risulterebbero “chiaramente inaccettabili”, una violazione evidente dei precedenti accordi stipulati con le authority del Vecchio Continente.
Nelle spiegazioni offerte da Fleischer, i tecnici di BigG avrebbero scovato i dati di Street View nel corso delle operazioni di revisione di migliaia di dischi relativi al servizio di mappatura . Nell’inventario periodico dei supporti, il gigante californiano ha scoperto la “piccola quantità di dati” non finiti nel cestino alla fine del 2010. “Ci scusiamo per l’errore”, spiega ancora il privacy counsel .
Cosa succederà adesso? I responsabili dell’ICO hanno chiesto a BigG le informazioni rimanenti, intenzionati a riprendere le indagini e dunque assicurarsi che i dati vengano distrutti una volta per tutte . Nel delicato caso Street View, gli attivisti di Privacy International hanno parlato di una “litania di disastri”: Google dovrebbe provare “profondo imbarazzo” per la pessima gestione del suo servizio, ora macchiata da una prova d’incompetenza piuttosto che dalla cattiva fede nei confronti di milioni di utenti.
Mauro Vecchio