Nel Regno Unito vengono chiamate super-injunction , strumenti giuridici a disposizione di personaggi pubblici e celebrità per tutelare la propria privacy da eventuali scandali o semplici indiscrezioni in esclusiva. Il meccanismo è rigido perché vieta a qualsiasi fonte mediatica di rivelare i dettagli di una determinata vicenda di cronaca o gossip . Ma che succede quando la notizia finisce nel vortice inesorabile della Rete?
È il problema che si pongono i membri parlamentari della britannica Joint Committee on Privacy and Injunctions , che hanno chiesto al governo di Londra un disegno di legge sul ruolo dei cosiddetti intermediari nella proliferazione selvaggia dei contenuti protetti dalle specifiche ingiunzioni emanate dai giudici d’Albione. Motori di ricerca, piattaforme social, grandi aggregatori di news . Gli operatori del web dovrebbero così assumere i connotati del vigilante.
Per approfondire meglio la questione, due eclatanti casi di cronaca gossip. Il calciatore gallese Ryan Giggs tradisce la moglie e ottiene la super-injunction per non rendere pubblica la vicenda. Ma il misterioso utente Twitter InjunctionSuper rivela al globo social l’identità dell’ala sinistra del Manchester United, subissato di insulti sulla stessa piattaforma di microblogging.
Il secondo caso riguarda l’ex-boss della Formula Uno Max Mosley, che dichiara di aver versato 500mila sterline in 23 paesi nel tentativo di rimuovere dal web un video pubblicato dal defunto News of the World . Un’impresa titanica, data l’enorme diffusione di un filmato relativo ad una sessione sadomaso intrapresa dallo stesso Mosley con alcune prostitute.
Che cosa vorrebbero ora i parlamentari d’Albione? Obbligare i motori di ricerca a rimuovere tutti i link relativi ad articoli/video/immagini coperte dalle super ordinanze emesse in favore dei personaggi pubblici. La libera consultazione online rappresenterebbe infatti una violazione evidente delle leggi britanniche. Anche i social network sarebbero dunque responsabili della proliferazione di notizie investite dalle ordinanze.
Immediata la reazione da parte di Google, appunto tirata in ballo dai parlamentari britannici: ha sottolineato come una misura del genere sia paragonabile ad una gigantesca operazione di intercettazioni telefoniche . “Google già rimuove tutte quelle pagine dichiarate illegali in tribunale – si legge nel comunicato di BigG – Abbiamo un numero di semplici strumenti per la segnalazione di questi contenuti, che vengono successivamente rimossi dall’indicizzazione”.
Mauro Vecchio