Il Regno Unito aveva negato l’evidenza fino a una manciata di giorni fa: nonostante il parental contro di stato implementato dai provider britannici per soddisfare le richieste del governo avesse finito per rendere inaccessibile il sito della sua principale sostenitrice, la parlamentare Claire Perry , lei stessa aveva assicurato che i filtri fossero proporzionati, che non incappassero in blocchi ingiustificati.
Nonostante i numerosissimi falsi positivi che hanno costretto i netizen che credono nei filtri a rinunciare all’informazione che lambisca argomenti a sfondo sessuale, ma anche a siti che non sembrano poter scalfire la morale pubblica come code.jquery.com , come Torrentfreak , come quelli di numerosi gruppi attivisti come EFF e Amnesty, le autorità britanniche si sono fino ad ora mostrate convinte e orgogliose di aver operato al meglio per proteggere i propri concittadini.
Nel frattempo, però, mentre si attende che il sistema di parental control venga proposto a tutti i cittadini connessi, l’evidenza della grossolanità connaturata ai filtri è diventata una questione sempre più pressante, tanto da spingere il Regno Unito a dispiegare risorse per trovare una soluzione all’imbarazzo dei falsi positivi. È la BBC a rivelare il piano del governo: un sistema di segnalazioni per i blocchi iniqui e una whitelist per reintegrare i siti che si dimostrino innocui.
“Dalle analisi emerge che il numero di siti bloccati inavvertitamente è basso” ha dichiarato David Miles, a capo del gruppo che si sta occupando della whitelist in seno allo UK Council for Child Internet Safety . Ammette però che nel momento in cui la scelta di aderire o meno ai filtri sarà obbligatoria per tutti i netizen del Regno Unito potrà emergere un numero maggiore di problemi. Il gruppo di lavoro starebbe operando alacremente per compilare la lista affinché i fornitori di connettività possano implementarla al più presto.
Gaia Bottà