Verranno rimossi dallo sconfinato database del DNA, verranno riconsegnati all’anonimato, verrà restituito ai cittadini il diritto a vivere senza essere classificati dallo stigma di appartenere all’archivio dei criminali o dei sospetti tali. Il Regno Unito ha programmato la rimozione di un consistente scaglione di profili del DNA: lo farà entro 6 anni, entro 12 anni verranno invece riconsegnati ad una vita anonima gli individui sospettati di aver commesso un crimine violento, un crimine a sfondo sessuale.
Non erano state sufficienti le proteste di cittadini a cui basta una fotografia per essere ritenuti sospetti e quindi passibili di prelievo di campioni del DNA: era intervenuta la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo per scuotere le autorità del Regno Unito e per indurle a ridimensionare il vastissimo archivio dei profili genetici dei suoi sospetti. La richiesta di cancellazione dei profili di DNA sporta da due cittadini del Regno Unito era stata negata dalle autorità locali: entrambi i cittadini erano stati assolti, i casi che li vedevano coinvolti erano stati chiusi, ritenevano di avere diritto a non vedere disseminata la propria identità negli archivi delle forze dell’ordine.
Di ricorso in ricorso erano giunti di fronte alla Corte di Strasburgo, che aveva invitato le forze dell’ordine britanniche alla cancellazione dei profili e dei campioni usati per stilarli .
La conservazione per tempi indefiniti di dati così personali come un frammento della propria identità genetica, avevano spiegato i magistrati della corte, avrebbe violato il diritto alla riservatezza dei cittadini, tanto più quando fossero stati riconosciuti non colpevoli di alcun reato. Nonostante il database raccolga profili e campioni di oltre 800mila persona giudicate innocenti, essere parte dei 4,5 milioni di cittadini schedato nel database rappresenta un marchio che segna l’intera vita dell’individuo, che lo classifica come un sospetto .
Spinte dalla decisione della Corte di Strasburgo, le autorità dell’Isola hanno avviato una consultazione pubblica , hanno coinvolto esperti e hanno sondato il parere dei cittadini, hanno stabilito che i profili del DNA raccolti da cittadini sospetti ma giudicati poi non colpevoli saranno rimossi dal database. Se l’esito della consultazione ha orientato le autorità verso il rispetto del parere della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, questo orientamento non sembra soddisfare l’urgenza con cui la Corte aveva imposto la rimozione.
Sei anni per coloro che, sospettati di reati meno gravi, sono stati giudicati non colpevoli; dodici anni di conservazione per i campioni di coloro che sono stati accusati di reati efferati, di reati collegati al terrorismo o di crimini a sfondo sessuale, e che poi siano stati prosciolti; la cancellazione dei profili di coloro che hanno commesso un reato minore quando avevano meno di 18 anni e che entro il raggiungimento della maggiore età non si siano dimostrati recidivi; la rimozione dei campioni di DNA una volta che siano stati convertiti in un profilo. Così hanno stabilito le autorità del Regno Unito, l’ Home Secretary Jacqui Smith assicura che nell’archivio rimarranno solo le persone i cui dati genetici possano contribuire a semplificare l’operato con cui le forze dell’ordine tutelano la sicurezza del cittadino.
Ma si tratta di una decisione che scontenta i legali rappresentanti dei due cittadini che si sono rivolti alla Corte europea, che scontenta cittadini che intendono vedere rispettata la propria privacy e il proprio diritto a non essere discriminati, che potrebbe scontentare la stessa Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Se le associazioni che si schierano a favore di una più stretta tutela della privacy promettono di impugnare le armi legali per denunciare l’atteggiamento dell’Home Office.
A schierarsi contro i provvedimenti che il Regno Unito medita di mettere in campo per contenere il rischio di violare la privacy e il diritto del cittadino a non essere preceduto dalla propria reputazione genetica è anche il professor Alec Jeffreys, padre del DNA fingerprinting. Il periodo di conservazione non sarebbe in alcun modo proporzionato all’obiettivo che le autorità si ripromettono di conseguire con l’aiuto del database: “la presunzione di innocenza – ha denunciato Jeffreys – è sostituita dalla presunzione di una colpa futura”.
Gaia Bottà