C’è una particolare lettera che ha fatto recentemente la sua apparizione online, datata 23 febbraio 2010. A scriverla, il ministro britannico Stephen Timms, attualmente alla guida del progetto Digital Britain . Una missiva destinata ad un altro parlamentare del Regno Unito, contenente alcune delle principali disposizioni legate al contestato Digital Economy Bill .
Ovvero quella che sarà a breve la nuova legge britannica a regolamentare il file sharing selvaggio e la violazione del copyright. La lettera di Timms – non classificabile con certezza come autentica – ha spiegato in sostanza perché fosse assolutamente necessario andare avanti con la ricetta di Lord Mandelson a base di disconnessioni e blocco dei vari spazi online.
“I detentori del copyright – si può leggere nella missiva – potranno andare online alla ricerca dei contenuti di loro proprietà, in modo da identificare eventuali risorse illecite. Potranno a quel punto cercare di scaricare una copia del loro contenuto, così ottenendo preziose informazioni sulla fonte stessa, incluso l’indirizzo di proprietà intellettuale (IP) ad essa correlato”.
In pratica – qualora la lettera fosse autentica – la morale della favola sarebbe questa: il ministro britannico alla guida di Digital Britain non avrebbe ben chiaro in mente che, in non troppo ostico informatichese , IP sta per Internet Protocol e non per Intellectual Property . Una svista che ha allarmato non poco netizen e osservatori, preoccupati soprattutto dal ruolo primario che lo stesso Timms ha avuto nella trasformazione del Digital Economy Bill in legge.
Una legge che avrebbe segnato profondamente le future speranze democratiche di un paese connesso come il Regno Unito. Soprattutto per la velocità con cui è stata approvata anche alla House of Commons , come sottolineato da Andrew Heaney, direttore del provider britannico TalkTalk . Velocità abbinata ad una sostanziale mancanza di approfondimento da parte dei vari parlamentari.
Ma TalkTalk non ha soltanto parlato di un “brutto giorno per la democrazia britannica”. L’ISP d’Albione non collaborerà con i principi del Digital Economy Bill , piegandosi solo ed esclusivamente alla decisione ultima di una corte . Ma non saranno i detentori del copyright ad obbligare il fornitore di connettività a disconnettere i suoi utenti.
Quello che resta da vedere è se anche gli altri provider britannici manterranno una posizione simile a quella di TalkTalk , che ha sottolineato come sia attualmente l’unico grande ISP nel paese a combattere a muso duro la cura Mandelson alla violazione del copyright.
Mauro Vecchio