Ricevono quotidianamente milioni di richieste da parte dei detentori dei diritti, segnalazioni che vagliano al fine di eliminare dai risultati offerti ai netizen i link ai siti che spacciano materiale in violazione del diritto d’autore. Ma questo impegno da parte dei motori di ricerca non basta alle autorità del Regno Unito: se la collaborazione da parte degli intermediari non si mostrerà più concreta, si ammonisce, il legislatore potrebbe mettersi al lavoro per trasformare in prescrizione quello che ora è autoregolamentazione.
Off to @bpi_Music AGM today – we should be very proud of UK music industry, 1 in every 8 albums sold anywhere in the world is by a UK artist
– Sajid Javid MP (@sajidjavid) 1 Settembre 2014
L’industria della musica britannica è fiorente, ha commentato il ministro alla Cultura del Regno Unito Sajid Javid nel corso di un evento organizzato dalla British Phonographic Industry (BPI), vale 4,5 miliardi di sterline, e “l’avvento di nuove tecnologie, nuove piattaforme e nuovi modi di condividere e fruire la musica ha creato grandi opportunità”. Il ritornello, però, è noto: questo cambiamento, denuncia Javid sottolineando che ogni trimestre 200 milioni di brani musicali circolano illegalmente, “reca con sé delle sfide e dei pericoli per l’industria della musica”.
“La violazione del copyright è un furto puro e semplice – ha tuonato il Ministro – ed è vitale che si tenti di ridurla”.
Il Regno Unito sta già operando alacremente con numerose iniziative, fra l’entrata a regime del Digital Economy Act e la attività instancabile della Police Intellectual Property Crime Unit (PIPCU), divisione della Polizia londinese recentemente istituita con 2,5 milioni di sterline proprio per reprimere per le violazioni del copyright. Tutte soluzioni che comportano uno sforzo congiunto da parte delle autorità statali e dell’industria di settore: ma secondo Javid “non spetta solo al governo e all’industria della musica risolvere questo problema”.
Se è vero che gli intermediari della Rete, che si stanno facendo carico di collaborare per contribuire a reprimere la pirateria laddove diventa business negando ai siti pirata i flussi pubblicitari e la visibilità presso i risultati di ricerca , questo impegno non sarebbe ancora sufficiente a garantire quell’equilibrio collaborativo che pone l’industria del copyright, il governo e le aziende che operano nel settore della tecnologia “ai vertici di un unico triangolo” nella tutela del diritto d’autore. È per questo motivo che il Ministro ha indirizzato una missiva all’attenzione di Google, Microsoft e Yahoo, in cui intima di “bloccare i risultati di ricerca che conducono le persone a siti illegali”.
Google, per citare un esempio, ha ricevuto da BPI segnalazioni di violazione per un totale di 96.314.375 URL : si tratta dell’organizzazione più attiva nell’ambito delle richieste di rimozione che hanno per sfondo il diritto d’autore. Mountain View le ha attentamente vagliate e ha rimosso dai propri risultati di ricerca i link ritenuti illegali. La collaborazione della Grande G, che da tempo si adopera per contribuire a perseguire la repressione della pirateria in uno sforzo in equilibrio fra istanze che stridono e compromessi fra le parti, potrebbe diventare obbligatoria per legge, secondo quanto ventila il Ministro della Cultura britannico: “se non vedremo dei progressi concreti – ha ammonito – penseremo a valutare un approccio legislativo”.
Gaia Bottà