Il dibattito sulla proposta di tecnocontrollo nel Regno Unito nota come Investigatory Powers Bill si arricchisce dei contributi degli stakeholder interessati dalle norme, aziende, esperti e ISP che esprimono i loro pareri presso le autorità di Londra descrivendo, nella sostanziale totalità dei casi, uno scenario a tinte fosche. L’Investigatory Powers Bill è quanto di peggio potrebbe capitare al mondo tecnologico britannico, dicono in coro.
Tra i principali oppositori alla proposta di rafforzamento dei poteri di indagine nel mondo interconnesso – con tanto di collaborazione forzata da parte delle aziende, archiviazione indiscriminata di dati, log e chat, e “aiuto” alle forze dell’ordine nella decodifica le comunicazioni cifrate – c’è Apple, che al parlamento britannico ha presentato le prove dei rischi posti dall’Investigatory Powers Bill per la privacy degli utenti.
I dati personali di milioni di cittadini “rispettosi della legge” verrebbero messi a rischio dalle forzature dettate dall’Investigatory Powers Bill, avrebbe dichiarato Apple, le nuove norme rappresenterebbero un catalizzatore per proposte similari (e magari contraddittorie) in altri paesi e le aziende verrebbero costrette a usare standard di cifratura più deboli con tutti i rischi alla sicurezza che la cosa comporta.
Dopo Apple, anche gli altri colossi di rete (Microsoft, Google, Facebook, Twitter e altri) sarebbero impegnati a fornire gli stessi commenti allarmati alle autorità di Westminster, e a quanto pare non si tratta solo di difendere l’interesse delle corporation americane: giornalisti, avvocati , esperti legali e specialisti di cyber-sicurezza hanno già espresso i loro dubbi al Parlamento, con i provider che accusano i politici di non avere idea di come Internet funzioni e i ricercatori che prevedono un collasso per la sicurezza informatica britannica.
Particolarmente allarmati anche i commenti espressi dai provider di rete , una componente essenziale dell’infrastruttura distribuita di Internet che a causa delle nuove norme dell’Investigatory Powers Bill si troverebbe paralizzata dalle richieste di registrazione e monitoraggio dei servizi di terze parti, dai costi necessari all’implementazione del tecnocontrollo e dai rischi di sicurezza derivanti. Le autorità devono continuare a chiedere il permesso a un giudice per mettere sotto controllo un utente di Internet, sostengono gli ISP.
Alfonso Maruccia