Il tecnocontrollo a tappeto svelato nell’ambito del cosiddetto Datagate non costituisce una sorveglianza di massa e l’intelligence non avrebbe violato la normativa britannica di riferimento: ad essere giunto a questa conclusione è l’ Intelligence and Security Committee of Parliament (ISC), la Commissione parlamentare istituita in Gran Bretagna per far luce sulle azioni dell’intelligence a servizio della Regina e per individuare eventuali responsabilità.
Ad essere coinvolta nei fatti del Datagate è stata l’agenzia di spionaggio britannica GCHQ , che ha collaborato con l’NSA effettuando intercettazioni massive ai danni dei cittadini e sottoponendo a controllo grandi quantità di traffico internet privato: tuttavia già una sentenza dell’ Investigatory Powers Tribunal (IPT) aveva scagionato le spie britanniche dalle accuse di violazione di legge, o meglio aveva affermato che l’illecito era con il tempo stato sanato.
Ora le nuove conclusioni affermano che, dal momento che il sistema di intercettazione del GCHQ era automatizzato e prevedeva solo un minimo intervento da parte dell’uomo, rendendo al contento impossibile un controllo più diretto data la quantità di dati da processare, non si è configurata una forma di sorveglianza di massa. Inoltre le spie britanniche avrebbero limitato la percentuale di traffico intercettato e selezionato le comunicazioni da raccogliere.
La Commissione britannica, in ogni caso, ha chiesto un nuovo impianto normativo entro cui inquadrare le azioni delle agenzie di spionaggio nazionali ed offrire maggiore trasparenza per rassicurare i cittadini. Secondo i parlamentari , infatti, nonostante il GCHQ non abbia tentato di aggirare la legge, le leggi sarebbero scritte in maniera tale da non assicurare trasparenza e da rendere possibile le intercettazioni di massa.
Al contrario, in un nuovo quadro normativo dovrebbero trovare spazio procedure di autorizzazione esplicite, limiti legati alla privacy, requisiti di trasparenza, obbligo di effettuare con raziocinio ed obiettivi precisi le intercettazioni, nonché un sistema di controllo dei controllori.
Il primo commento al rapporto della Commissione è quello del gruppo che si batte per i diritti civili Open Rights , che non ci va affatto morbido: “L’ISC si sarebbe dovuta scusare con la Nazione per il fatto che il Parlamento non li abbia informati circa i crescenti poteri di GCHQ”. “Anche questo rapporto – denuncia ORG – evita di rispondere alle questioni basilari della vicenda”. Stessa durezza è stata mostrata da Liberty , altra associazione che si adopera contro il tecnocontrollo: “L’ISC si è mostrata per quello che è, un semplice portavoce delle spie”.
Anche la giustizia statunitense ha alzato le mani nei confronti delle conseguenze penali del Datagate, ed a più riprese ha riferito di non aver competenze per esprimersi circa le azioni dell’agenzia federale di sicurezza, NSA, proprio in quanto segrete.
Claudio Tamburrino