Il tempo a disposizione del governo britannico era ormai scaduto , scatenando un turbinio di lettere e di notifiche da parte della Commissione Europea. Nessuna modifica legislativa era stata implementata, nessuna risposta era stata offerta su determinate pratiche illecite di behavioral advertising .
Sembra ora che qualcosa si sia mosso, con gli alti vertici dell’ Home Office a cercare di risolvere alcune pericolose falle dell’ attuale legge britannica sulle intercettazioni . Buchi legislativi che avevano permesso lo scatenarsi di un caso come quello di Phorm , l’azienda che aveva monitorato il traffico Internet degli utenti del provider British Telecom .
Le autorità di Londra hanno così annunciato un periodo di consultazione pubblica che durerà fino al prossimo 7 dicembre, con il fine ultimo di rivedere l’attuale Regulation of Investigatory Powers Act (RIPA). Si cercherà insomma di introdurre regole più severe, in primis sanzioni fino a 10mila sterline anche per quelle intercettazioni avvenute non in maniera intenzionale .
Obiettivo ultimo, evitare che la Commissione Europea trascini Londra presso la Corte di Giustizia del Vecchio Continente, con l’accusa – tra le altre – di non aver costituito un’authority nazionale indipendente per la supervisione delle intercettazioni in Rete . Un organo peraltro richiesto esplicitamente dalle direttive europee 2002/58/CE e 95/46/CE .
Non soddisfatto delle misure annunciate si è rivelato l’ Open Rights Group , che ha in primis sottolineato come un periodo così breve (poco meno di 4 settimane) sia del tutto inadeguato ad una consultazione pubblica così delicata. La sensazione è che le autorità di Londra vogliano risolvere in fretta la questione, senza peraltro darle eccessivo risalto mediatico .
Nel frattempo il Parlamento Europeo è tornato sulle regole necessarie a contrastare un fenomeno come quello del behavioral advertising . Secondo un recente documento, certi messaggi pubblicitari online dovrebbero prevedere obbligatoriamente un’esplicita dicitura che spieghi chiaramente agli utenti il funzionamento del meccanismo.
Gli utenti dovrebbero dunque essere informati sulle eventuali modalità di trattamento dei dati personali, in modo da sentirsi più tutelati in attività come la navigazione online. Quella del tracciamento è una problematica che da tempo accende il dibattito statunitense, con una parte dell’opinione pubblica a spingere verso una sorta di do not call list applicata al web.
Mauro Vecchio