La nuova sentenza dell’Alta Corte inglese ha rispettato in pieno i pronostici della vigilia , decidendo di imporre a tutti i provider del Regno Unito l’obbligo di filtrare The Pirate Bay. L’industria discografia esulta, mentre la Baia invita i suoi utenti britannici a protestare con i politicanti e gli ISP.
La decisione dell’Alta Corte di Londra coinvolge una utenza potenziale di 50 milioni di persone, le quali entro poco tempo non potranno più accedere al sito e al motore di ricerca di The Pirate Bay sul web “in chiaro”. Gli ISP dicono di non poter fare altro che rispettare la sentenza, mentre per l’incumbent British Telecom sono in corso ulteriori negoziati con la British Phonographic Industry (BPI) per raggiungere un compromesso che soddisfi entrambi.
La succitata BPI si dimostra particolarmente soddisfatta della nuova estromissione della Baia, una misura restrittiva imposta a un servizio che a dire dell’associazione dei discografici d’Albione distrugge i posti di lavoro nel Regno Unito e mette a rischio gli investimenti nei nuovi artisti britannici.
Open Rights Group definisce invece “inutile e pericoloso” il filtro imposto dall’Alta Corte, una misura che per di più potrebbe rappresentare il viatico per nuove e più drastiche opere di censura e filtraggio delle comunicazioni sulla rete Internet.
E gli admin della Baia? Anche loro si fanno sentire sul blog ufficiale del sito, evidenziando l’assoluta mancanza di legittimità democratica di un processo che non ha nemmeno previsto l’invito degli accusati (vale a dire gli admin stessi) a presiedere in aula, l’assoluta facilità nel superamento del blocco (tramite Tor, VPN, servizi DNS alternativi a quelli degli ISP locali) e la necessità per i netizen britannici di protestare con il proprio parlamentare di riferimento per l’accaduto.
Alfonso Maruccia