Il diritto dei cittadini di creare delle copie dei contenuti legalmente acquistati non è affatto scontato nel Regno Unito: introdotta nel quadro normativo solo lo scorso anno, l’eccezione alla tutela del copyright per la copia privata, senza un equo meccanismo di compensazione, è ora stata giudicata illegale.
Dopo l’approvazione della legge che ha sdoganato la copia privata anche nel Regno Unito, nel mese di novembre del 2014 le associazioni Musicians’ Union , British Academy of Songwriters, Composers and Authors (BASCA) e UK Music si erano rivolte alla giustizia per chiedere una revisione della normativa: a differenza di altri paesi europei, in cui vige il sistema dell’equo compenso volto a retribuire gli aventi diritto per i mancati acquisti attribuibili alla libertà di copia privata, l’impianto regolatorio britannico avrebbe finito per “danneggiare musicisti e compositori”, privati di una fonte di sostentamento.
L’industria della musica non lamentava l’introduzione dell’eccezione per copia privata, ma l’errore di valutazione commesso dal legislatore, che ha ritenuto che il volume delle copie legali effettuate nel contesto privato non giustificasse l’introduzione di un sistema di equo compenso.
La direttiva 2001/29/CE, altresì nota come InfoSoc o EUCD ) stabilisce che “In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento”: se 21 paesi europei hanno scelto di imporre un prelievo per copia privata, il governo britannico ha ritenuto che il gioco non valesse la candela. In mancanza di una comprovata correlazione tra copia privata e vendite mancate , dal momento che l’industria della musica tiene probabilmente conto dell’abitudine alla copia privata stabilendo il prezzo di mercato a monte , il Regno Unito ha rinunciato a instaurare un sistema di compensazione che si sarebbe probabilmente rivelato “inefficiente, rallentato dalla burocrazia e ingiusto, ai danni di coloro che pagano per i contenuti”.
La High Court di Londra, valutato il caso , ha stabilito che l’eccezione per copia privata, così come delineata nella legislazione britannica, senza prevedere alcun sistema di compensazione , non sia legale. Il giudice non si spinge però a raccomandare un sistema di equo compenso, ma piuttosto evidenzia la necessità di fornire delle adeguate prove del fatto che la compensazione non sia necessaria: è la mancanza di documentazione a supporto dell’irrilevanza del danno inferto dalla copia privata agli aventi diritto a rendere inopportuna la legge approvata lo scorso anno nel Regno Unito.
Il mese prossimo la High Court stabilirà quali conseguenze avrà la sentenza sul quadro normativo locale. Mentre l’industria della musica festeggia , c’è chi come EFF, pur ritenendo irragionevole la prospettiva di revocare il diritto alla copia privata, auspica che la sentenza stimoli il dibattito in vista di una armonizzazione a livello europeo che sappia tutelare a monte i cittadini che acquistano legalmente dei contenuti e dovrebbero poter decidere liberamente come fruirne.
Gaia Bottà