È subito tornato alla mente l’ Interception Modernisation Programme , il sistema di sorveglianza con cui il governo britannico meditava di raccogliere e archiviare in tempo reale i dettagli e i contenuti delle più svariate tipologie di comunicazione mediata dalla tecnologia. Sfumato nell’ordinaria data retention, il progetto orwelliano non sembra essere stato dimenticato.
Quello del prossimo 9 maggio potrebbe essere un discorso delicato per Sua Maestà la Regina Elisabetta II. Il governo di Londra sembra ormai pronto a rispolverare antichi pallini, volendo affidare ai vertici dell’intelligence nazionale ( Government Communications Head Quarter , GCHQ) il compito di monitorare in tempo reale le comunicazioni telefoniche o le attività di navigazione web dei netizen in terra d’Albione .
Una proposta di legge ancora allo stato embrionale, ma che ha già scatenato un putiferio politico, con il conservatore David Davis in prima linea. “Si tratta di una estensione non necessaria dei poteri affidati allo stato per la sorveglianza dei cittadini comuni”. Non secondo le autorità britanniche, che invece sono convinte della sua utilità per combattere al meglio terrorismo e crimine organizzato .
Stando alla proposta di legge, gli agenti del Government Communications Head Quarter saranno in grado di accedere alle comunicazioni tramite telefono, posta elettronica e SMS . Operatori della rete e provider saranno ovviamente coinvolti nel programma, che prevede anche il rastrellamento delle sessioni di navigazione web per capire quali siti siano stati visitati dagli utenti d’Albione.
La bozza legislativa non prevede però il libero accesso ai contenuti delle comunicazioni tecnomediate . L’intelligence dovrà infatti procurarsi uno specifico mandato nei casi più sospetti di legami con il terrorismo o con attività criminose. Le informazioni resterebbero nelle mani del governo per un periodo non inferiore ai due anni.
“Questo è senza dubbio un attacco alla privacy online – ha spiegato Nick Pickles, direttore del Big Brother Watch Group – Il fatto che vada effettivamente a migliorare la sicurezza pubblica è tutt’altro che palese, andando certamente a gravare sulle aziende che operano su Internet”. Dubbi condivisi dalla Internet Service Providers Association , che vorrebbe innanzitutto tutelare la libertà d’espressione e la privacy dei cittadini.
Mauro Vecchio