Sembra non volersi attenuare l’abitudine di controllare l’identità delle persone tramite Facebook. L’ultima notizia arriva dal Regno Unito, dove diversi buttafuori vogliono riscontrare sul famoso social network la veridicità dei documenti dei potenziali clienti.
Il metodo è semplice: se il buttafuori ritiene che il giovane sia minorenne e abbia documenti falsi chiede all’interessato di mostrare il profilo di Facebook sul proprio smartphone, in modo tale da poter controllare l’età effettiva.
Un esempio arriva da Southampton, dove Charlotte Neal, una ragazza di 20 anni, ha dichiarato che almeno un paio di volte il buttafuori le ha chiesto di mostrargli il suo profilo sul social network per controllare la veridicità della sua patente di guida: “Capisco il controllo, però perché pensano che il documento d’identità non sia sufficiente?”.
La pratica si sta diffondendo a macchia d’olio ed è spesso utilizzata anche nei locali dell’Irlanda del Nord. “Non solo è ridicola dal punto di vista della sicurezza, ma è un affronto a tutti i diritti fondamentali delle persone di poter vivere la loro vita in privato – ha dichiarato Pickles Nick, il portavoce della campagna a favore della privacy Big Brother Watch – Se il problema è che i cittadini non hanno documenti di identità di qualità credibile, accertiamoci che gli vengano forniti. In nessun caso questa dovrebbe diventare una scusa per i buttafuori per curiosare nella vita privata delle persone”.
I buttafuori e i gestori dei locali, d’altro canto, rimangono della loro idea e sostengono che controllare l’età dei clienti su Facebook sia la soluzione migliore, soprattutto perché, a loro dire, se dovessero far entrare un minorenne rischierebbero una sanzione di oltre seimila euro .
A prendere le distanze da questa pratica è Paul Martin-Beatles, il direttore di Akira Training , una scuola di formazione che addestra circa 250 buttafuori all’anno. Secondo Martin-Beatles chiedere la conferma di un documento d’identità su Facebook è inacettabile e sostiene che tutti i buttafuori autorizzati dalla Security Industry Authority (SIA) sanno che una pratica simile è sbagliata.
A ben guardare questa abitudine risulta alquanto strampalata. Sono infatti tantissimi i modi per raggirarla, primo su tutti, creando un account Facebook che coincida con i dati della carta d’identità falsa. La questione però può avere anche altri risvolti, a tratti discriminatori. Cosa succede se il potenziale cliente non ha Facebook? (cosa improbabile, ma non impossibile), o non ha uno smartphone, oppure ha la batteria scarica? Rischia di non entrare? Paradossale, infine, che un buttafuori si fidi più di un social network che di un documento di identità rilasciato da uno stato.
Gabriella Tesoro