UK, l'estorsione del P2P

UK, l'estorsione del P2P

Una società tedesca scandaglia il vasto oceano del file sharing per pescare indirizzi IP. Quindi invia notifiche para-legali dal sapore minaccioso: 700 sterline forfettarie o tribunale
Una società tedesca scandaglia il vasto oceano del file sharing per pescare indirizzi IP. Quindi invia notifiche para-legali dal sapore minaccioso: 700 sterline forfettarie o tribunale

Un meccanismo ben oliato, che prevede l’invio massivo di notifiche dal forte sapore estorsivo . Protagonista, un’azienda con base in Germania – DigiProtect – con la preziosa collaborazione di una società legale britannica, la ACS:Law . Obiettivo primario: combattere il P2P selvaggio, con le misure più estreme e minacciose.

La vicenda è venuta a galla attraverso le pagine del magazine d’Albione Which? , interamente dedicato alla tutela dei consumatori. Consumatori grondanti ira, per essere stati minacciati a mezzo lettera (legale), dopo aver presumibilmente attinto alla fonte online del torrentismo .

La scelta sarebbe delle più vicine al vero e proprio ultimatum: DigiProtect e ACS:Law chiedono ai vari utenti di pagare una cifra forfettaria di circa 700 sterline (quasi 800 euro), pena una sonora chiamata a comparire in tribunale. Un’estorsione che pare aver ottenuto il via libera da parte dei vari detentori dei diritti, generalmente identificati dalla stessa DigiProtect come musicisti e produttori.

“L’approccio che utilizziamo rappresenta l’unica maniera efficace per procedere nella lotta al file sharing”. Così un rappresentante di DigiProtect nel corso di un’intervista con BBC , sottolineando quanto l’azienda sia convinta di ciò che sta facendo. La società tedesca ha inoltre precisato che il suo meccanismo di rilevamento è completamente automatico , essendo l’unico metodo sicuro per scandagliare il vasto oceano del P2P.

Ma questo ha portato a svariati errori, come quello riguardante un pensionato britannico accusato di un’attività per lui completamente sconosciuta, anche soltanto in via teorica. La risposta di DigiProtect ? “In alcuni casi l’abbonato non commette illeciti, ma dato che possiede la connessione ad Internet è il nostro primo punto di contatto. Poi la questione cambia in base alle risposte fornite”.

Oppure finisce che i soldi vengono a questo punto versati da chi, come un anziano pensionato, verrebbe spaventato a morte dalla possibilità di entrare in conflitto con la legge. DigiProtect non ha chiesto scusa alle persone ingiustamente accusate, sostenendo che le vere vittime della vicenda siano in effetti i fornitori di contenuti .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
16 apr 2010
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