Il passato, lungi dall’essere un monito per evitare di commettere sempre gli stessi errori, si ripete e continua a far discutere. Tornano così protagoniste le lettere spedite da ben noti studi legali all’indirizzo di chi si sarebbe macchiato di file sharing di contenuti protetti dal copyright, e ora come allora i mittenti di simili “avvisi” vengono additati alla stregua di truffatori o ricattatori.
Il nuovo caso di “tentata estorsione” per P2P lo solleva l’associazione dei consumatori Which? , che ha raccolto più di 150 singole denunce da parte di altrettanti cittadini britannici che sono – loro malgrado – incappati nel sistema. A spedire quelle lettere è ACS:Law , studio legale specializzato in questo genere di pratiche che ha rilevato il “business” a quella Davenport Lyons caduta in rovina per eccesso di cattiva reputazione.
Nelle missive ACS:Law invita i cittadini (individuati dopo opportuna richiesta di identificazione dell’indirizzo IP ai provider) ad accomodare la questione al modico prezzo di 500 sterline , pena il prosieguo della pratica e l’iter di un processo davanti al giudice. Peccato che, come denuncia Which?, le 150 persone (e molte altre se ne stanno aggiungendo) coinvolte non sapevano di cosa si stesse parlando.
Tra i casi di abbaglio clamoroso presi da ACS:Law c’è quello di un padre 78enne accusato di download pornografico, che di file sharing e BitTorrent non aveva mai nemmeno sentito parlare; oppure quello di un utente che dice di “sentirsi colpevole” anche se non lo è grazie alla minaccia legale recapitatagli a domicilio.
La campagna di missive di ACS:Law (che all’inizio di gennaio ha conosciuto la sua fase più intensa) si guadagna le critiche persino della British Phonographic Industry , così attiva nel chiedere l’introduzione di “risposte graduali” alla pirateria digitale e altrettanto lesta nel bollare l’approccio estorsivo come sproporzionato e privo di basi legali.
ACS:Law si guadagna anche il giudizio sferzante dei Lord: i componenti della camera alta del parlamento britannico hanno accusato la società legale di “molestie, intimidazioni e intrusione” invocando l’intervento del legislatore per impedire che casi del genere si verifichino ancora.
Alfonso Maruccia