Tacciano le chitarre, i synth, i bassi e le tastiere: il microfono questa volta serve per parlare. Subito dopo aver appreso del muro tirato su in fretta e furia da YouTube in risposta al mancato accordo con PRS, a prender parola è la Featured Artists Coalization (FAC), un’ensamble che comprende il meglio delle star britanniche. Gli artisti vogliono far sentire la propria voce, schierandosi nel mezzo di un sistema che – a loro dire – fa guadagnare tutti tranne loro stessi. C’è bisogno di un cambiamento: questo è il loro credo, una revisione dell’intero sistema del music business che, secondo il parere di due economisti della Washington University , tornerebbe a rifiatare insieme a tutta l’economia mondiale solo quando verranno aboliti il diritto d’autore e i brevetti.
La coalizione di artisti, annunciata sul finire del 2008 e che punta a divenire uno strumento di difesa contro il sistema lobbistico di major e distributori, ha voluto dire la propria sulla vicenda tra Google e PRS, tutt’ora in fase di stallo nonostante tra le due parti il dialogo sembri intenzionato a proseguire. Come sanno i lettori di Punto Informatico nelle scorse ore YouTube ha rifiutato di rinnovare il contratto con la società che gestisce le compensazioni per il diritto d’autore per il settore musicale britannico, decidendo di rimuovere qualsiasi video frutto del precedente accordo.
In attesa dell’evolversi della situazione, sembra a FAC che comunque vada a finire saranno sempre e solo gli artisti a doverci rimettere: se Google vedrà rispettate le sue volontà, ovvero quella di pagare molto meno di quanto è stato proposto da PRS, il tutto si tradurrà in meno denaro da devolvere agli artisti. Se BigG rifiuterà ogni altro accordo con la società di raccolta dei proventi derivati dal copyright, gli artisti non verranno pagati affatto dal momento che tutti i video relativi alle loro opere sono stati rimossi.
Piuttosto che schierarsi contro l’una o l’altra parte in causa, gli artisti si buttano nella mischia accusando l’intero sistema che trama alle loro spalle: “Google è un’azienda che ricava milioni dai suoi profitti e crediamo che dovrebbe pagare le royalty con i ricavi fatti con l’advertising” commenta il musicista/attivista Billy Bragg. Secondo gli artisti, gli accordi milionari andrebbero a vantaggio delle sole aziende impegnate nella negoziazione dei diritti: “Non so quanto denaro ricavi MySpace dall’advertising – continua – quello che so è che noi non riceviamo assolutamente nulla da esso e che non reinvestono alcun denaro nella produzione dei contenuti”.
FAC, che non vuole porsi come l’ennesima lobby del settore, ha già annunciato lo scorso anno di voler lottare affinché gli autori, i compositori e i performer acquisiscano maggiori diritti dalle opere, generalmente in mano alle varie etichette discografiche: la loro proposta prevede un ridimensionamento dell’intero sistema che ruota intorno ai diritti, che rimarrebbero in mano agli autori e verrebbero affittati alle varie major. “È come sobbarcarsi delle spese di un mutuo per comprare una casa, pagarlo regolarmente e alla fine la casa non è ancora tua” commenta Ed O Brien, chitarrista dei Radiohead, band che è stata tra le prime a manifestare la voglia di cambiare con l’ormai celebre In Rainbows .
La questione del diritto d’autore è, d’altronde, una questione ampiamente dibattuta in cui spesso si finisce per sentire tutto e il contrario di tutto. Per esempio, secondo qualcuno si tratterebbe di un vero e proprio monopolio che tarpa soprattutto le ali dell’innovazione e che andrebbe abolito: è questa la convinzione di Michele Boldrin e David Levine, economisti presso la Washington University di St. Louis, hanno espresso nel loro libro intitolato Against Intellectual Monopoly . Secondo i due esperti, benché si tratti di un’idea del tutto radicale, il tempo di sbarazzarsi di diritto d’autore e brevetti sarebbe già maturo: “La proprietà intellettuale è di fatto un monopolio che ostacola piuttosto che aiutare un libero e competitivo regime di mercato che ha portato salute ed innovazione a tutti” dichiara Boldrin. “Idealmente, vorremmo eliminare il sistema dei brevetti e del diritto d’autore in una sola mossa anche se – incalza Levine – le nostre idee non prevedono che qualcuno inventi e distribuisca gratuitamente le proprie idee. È ormai evidente che ci sono innumerevoli maniere di far soldi anche senza brevetti e copyright”.
Secondo i due esperti, licenze e brevetti sarebbero ormai così diffusi da innalzare vere e proprie mura che limitano l’innovazione e la sua diffusione, facendo alzare ulteriormente i costi di produzione. Le loro proposte, che sperano di far arrivare fino al Congresso, hanno lo scopo di riformare l’intero sistema riportandolo a canoni accettabili che garantiscono un mercato all’insegna della libera competizione. Il che – a loro dire – avrebbe effetti positivi anche sull’economia mondiale, aiutando a ridimensionare l’attuale crisi.
Vincenzo Gentile