L’uso di Facebook può comprendere tra le più svariate attività social , dal radunare tutti i fan della pizza al controllare che il proprio partner non abbia un’amicizia di troppo. Ora, dalla Gran Bretagna è emersa una nuova pratica legata all’universo del sito in blu: gestire un impero criminale . E non si tratta delle ormai solite applicazioni ludiche, ma di un impero criminale vero e proprio. Coordinato comodamente seduti sulla branda della propria cella.
La vicenda ha fatto rapidamente il giro del web, a partire da The Sunday Times . Si tratta della curiosa storia di uno dei criminali più conosciuti della Gran Bretagna , una sorta di padrino d’Albione che era stato chiuso in cella nel 2006, condannato a trascorrere i suoi prossimi 35 anni di vita all’interno di un penitenziario di massima sicurezza.
Massima sicurezza non troppo. Colin Gunn, 42 anni, si sarebbe tenuto strettamente in contatto con 565 amici di Facebook , la maggior parte dei quali decisamente poco raccomandabili. E qualcuno di questi nemmeno troppo gradito a quello che era conosciuto come il re del quartiere residenziale di Bestwood, a Nottingham.
Pare infatti che Colin Gunn abbia inviato svariati messaggi intimidatori a utenti appartenenti a gruppi rivali, su profili di persone scomode, traditori o spifferoni. In uno di questi, il gangster britannico si era chiesto come sarebbe stato piacevole sentire l’odore della paura una volta tornato a casa. In un altro, Gunn si era mostrato particolarmente felice di avere un mezzo di comunicazione per far sapere come stesse.
Avere un mezzo di comunicazione, appunto. Un portavoce del ministero di Giustizia britannico ha espresso serie preoccupazioni, in particolare per l’uso libero che i detenuti farebbero dei social network. In una prigione di massima sicurezza dovrebbe infatti essere permessa soltanto la navigazione a scopi educativi, sotto l’occhio vigile delle guardie penitenziarie.
Pare che ora il profilo del detenuto Colin Gunn sia stato rimosso dalla piattaforma in blu. Il Segretario britannico Jack Straw ha annunciato di aver lavorato a stretto contatto con Facebook per eliminare qualsiasi traccia dell’attività criminosa del prigioniero. Praticamente una condanna a morte, almeno per la sua esistenza online.
Mauro Vecchio