Era il novembre del 2010 quando i rappresentanti di due tra i maggiori provider britannici si appellavano ai giudici dell’ High Court per una cruciale revisione giuridica del famigerato Digital Economy Act (DEA). Ovvero della prossima legge che colpirà tutti quegli utenti macchiatisi di violazione del copyright a mezzo file sharing.
I vertici di British Telecom e TalkTalk dovranno (per ora) arrendersi, apparentemente sconfitti dal recente risultato della revisione portata avanti dall’Alta Corte d’Albione. Le principali disposizioni della cosiddetta cura Mandelson non costituiscono di fatto una violazione delle direttive europee , che si tratti di privacy dei netizen o della regolamentazione del commercio elettronico.
I due provider si erano infatti scagliati contro le regole imposte dalla legge, a partire dall’obbligo di avvisare gli scariconi secondo i dettami della dottrina Sarkozy. Passando poi per il blocco di tutti quei siti colti in flagrante, legati ad attività di condivisione dei contenuti in violazione del diritto d’autore. La cura Mandelson al P2P avrebbe avuto – sempre secondo BT e TalkTalk – impatti disastrosi sugli utenti e sul business di Internet .
I giudici britannici hanno ora sottolineato come nessuna disposizione del DEA risulti non conforme alle leggi comunitarie sulla privacy o sul commercio elettronico. Il governo di Londra potrebbe dunque procedere con l’implementazione della legge, ma solo a patto di rivedere alcuni punti relativi alla suddivisione dei costi operativi . BT e TalkTalk hanno infatti ottenuto una sola, piccola vittoria.
L’Alta Corte d’Inghilterra ha dunque dichiarato non ammissibile l’idea che i singoli ISP siano obbligati a pagare circa il 25 per cento dei costi totali di gestione del regime voluto dal DEA , in particolare quelli legati ad un istituto che registri gli eventuali ricorsi. Resterà però a loro carico una percentuale dei costi relativi all’invio di notifiche per la segnalazione agli utenti dell’avvenuta violazione del copyright.
I vertici dei due provider non sembrano però avere alcuna intenzione di mollare la presa, iniziando a passare al vaglio le possibili strade da percorrere per bloccare l’attuale forma della legge. A questo punto è lecito ipotizzare un ricorso presso la Corte di Giustizia d’Europa , mentre in patria rimane ancora l’ Office of Communications (OFCOM) che deve esprimersi sulla fattibilità tecnica di una misura come i blocchi degli spazi online.
Mauro Vecchio