Ricorreranno alla Corte Suprema britannica , chiedendo la più accurata delle analisi sull’effettivo grado di legalità del Digital Economy Act . Una legge approvata troppo in fretta dalle autorità di Londra, almeno secondo il parere di due provider d’Albione. British Telecom (BT) e TalkTalk si sono così uniti , per tentare di evitare alcune spiacevoli conseguenze derivanti dall’implementazione della cosiddetta cura Mandelson al P2P .
Approvato in tempi insolitamente ristretti, il Digital Economy Act dovrebbe infatti mostrare i suoi effetti in terra britannica a partire dagli inizi del 2011 . Effetti come la disconnessione di tutti quegli utenti colti in flagrante ad attingere all’illecita fonte dello sharing online. Ma anche come la compilazione di una speciale lista nera, per il blocco di tutti quei siti macchiatisi di violazione del copyright.
I due ISP britannici hanno innanzitutto sottolineato come il dibattito parlamentare su quello che era il Digital Economy Bill sia stato insufficiente, oltre che poco attento ai potenziali rischi per le libertà basilari dei netizen . Una posizione già assunta da alcuni parlamentari di Londra, che avevano criticato una fretta causata dall’imminente avvio delle nuove elezioni.
Ma BT e TalkTalk hanno puntato il dito su un altro aspetto legato all’implementazione della nuova legge britannica. Ovvero quello che li trasformerebbe in boia della Rete, in contrasto con la Direttiva Europea sul commercio elettronico, che li tutela come semplici intermediari. I due ISP chiederanno quindi di fare chiarezza su un’eventuale violazione delle leggi del Vecchio Continente.
E ci sarebbero inoltre questioni economiche in ballo. Come quelle relative alla regola secondo cui solo ai provider con più di 400mila abbonati toccherebbe il compito di inviare letteracce e di mostrare le forbici. Un’imposizione duramente contestata da BT e TalkTalk , impauriti dalla possibilità che ci sia una fuga di clienti verso fornitori di connettività più piccoli . Che, almeno inizialmente, potrebbero diventare dei porti franchi per lo sharing.
Mauro Vecchio