UK, streaming illegale con Kodi non comporta il carcere

UK, streaming illegale con Kodi non comporta il carcere

Un venditore di dispositivi basati sul player Kodi ma modificati per la ricezione non autorizzata dei canali TV a pagamento ha rischiato 18 mesi di carcere. I giudici gli evitano per ora la detenzione, ma avvisano che i prossimi furbetti non saranno così fortunati
Un venditore di dispositivi basati sul player Kodi ma modificati per la ricezione non autorizzata dei canali TV a pagamento ha rischiato 18 mesi di carcere. I giudici gli evitano per ora la detenzione, ma avvisano che i prossimi furbetti non saranno così fortunati

Il divieto di vendere box TV modificati per accedere allo streaming illegale sta mietendo le prime vittime. Un venditore del Regno Unito (ai primi posti per streaming illecito ) è stato considerato colpevole di aver infranto la legge da parte della Trading Standards, l’autorità locale preposta alla verifica della regolarità nel commercio. Nello specifico, il venditore Brian Thompson di Middlesbrough è stato accusato da parte dell’autorità di aver venduto tv box basate sulla piattaforma Kodi modificate appositamente per sintonizzarsi su canali di streaming pirata (le cosiddette “fully load”). L’utilizzo del media player Kodi non costituisce illecito di per sé, ma effettuare modifiche volte ad aggirare la legge anti-pirateria sì. Ed è noto che esistano numerosi add-on di Kodi sviluppati da terzi in grado di bypassare i blocchi , nonostante di recente sia partita una battaglia legale e di dissuasione contro gli sviluppatori e i portali che distribuiscono il software incriminato.

tvstream

Thompson è stato citato in giudizio per aver venduto tra luglio 2015 e gennaio 2016 attraverso la sua attività commerciale Cutprice Tomo TVs dispositivi “disegnati, prodotti e adattati al fine di abilitare o facilitare la circonvenzione di misure tecnologiche” evidentemente adottate per tutelare il copyright, violando così il Trade Mark Act del 1994. Thompson ha per altro esposto in maniera esplicita attraverso la stessa insegna del suo negozio la possibilità di usufruire della visione gratuita e senza abbonamento di servizi come Sky, Virgin, Box Nation, Racing UK ignorando, a quanto afferma il suo avvocato, di agire nell’illegalità.

È evidente che l’area legislativa è effettivamente fosca e necessita di maggiore chiarezza. Il venditore, dopo essersi dichiarato innocente (“sono disposto ad accettare quello che decide il tribunale ma al momento per quanto mi riguarda non sto violando la legge” – ha sostenuto ), ha deciso di riconoscere le sue colpe per aver violato il Copyright, Designs and Patents Act (pur senza esserne cosciente), esigendo l’opportuno adeguamento legislativo. Il giudice Peter Armstrong ha decretato che la pena per l’illecito potrebbe essere commisurata in 18 mesi di carcere anche a fronte delle perdite che Sky (e altri player) ha registrato durante il periodo dell’attività di vendita dei tv box modificati, pari a 200mila sterline. Pena comunque al momento sospesa , proprio in attesa che il legislatore ponga chiarezza circa l’interpretazione. Se per Thompson il carcere è fortunatamente lontano, potrebbe non esserlo per altri “colleghi” in futuro.

Il caso specifico rischia di diventare un precedente di difficile gestione. Qualcuno si chiede infatti come il legislatore intenda comportarsi nei confronti di tutti i venditori di dispositivi simili, ma anche come intenda procedere con chi vende ad esempio portatili con precaricato software per il download di Torrent . Questi venditori, considerati al pari di Robin Hood da alcuni utenti, sono in realtà criminali, decreta Kieron Sharp chief executive di Fact (l’ex Federation Against Copyright Theft). Anche la National Trading Standards mette in guardia gli utenti: “I consumatori non dovrebbero acquistare questi tv box e devono essere consapevoli che se li usano per accedere ai contenuti premium o in abbonamento, allora stanno infrangendo la legge. Secondo gli esperti ve ne sarebbero almeno 1 milione installati nelle case nel Regno Unito, seppur la Corte di Giustizia Europea li abbia messi al bando.

Mirko Zago

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Pubblicato il
23 ott 2017
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