Non c’è modo di discernere fra i siti che si trastullano col sesso con quella morbosità sgradita alle autorità britanniche e quelli che affrontano dal punto di vista informativo i diversi aspetti della sfera sessuale: i filtri approntati dai fornitori di connettività del Regno Unito, investiti della responsabilità di ripulire la Rete dal Primo Ministro britannico David Cameron, non sanno distinguere fra le immagini gaudenti del sesso messo in scena e i servizi indispensabili a supportare le vittime della violenza sessuale.
Eppure i provider hanno deciso di implementarli, cedendo alla pressione delle autorità, che da anni si battono per una Rete morigerata: TalkTalk propone filtri di default già da tempo, così come Virgin, BT li ha abbracciati la scorsa settimana per offrire una esperienza di navigazione decorosa a tutti i nuovi abbonati.
Nuova adesione al sistema di parental control di stato, nuovo test delle capacità dei filtri: la risposta, però, è sempre la stessa, e mette impietosamente in luce la grossolanità dei filtri . Insensibili, e dunque inefficaci e dannosi: questo il responso dell’analisi condotta da BBC sui filtri dei quattro maggiori provider britannici. Da Virgin a TalkTalk, da BT a Sky, tutti i meccanismi di protezione previsti dai provider britannici si lasciano sfuggire dei siti pornografici : TalkTalk permette di accedere al 7 per cento dei siti scelti da BBC quale esempio di quella “pornografia hardcore legale in cui – secondo Cameron – i bambini non dovrebbero potersi imbattere”, Sky ha invece saputo censurarli nel 99 per cento dei casi.
Ma se l’inefficacia potrebbe rappresentare una preoccupazione per i genitori più apprensivi ma incapaci di vigilare sui più giovani netizen, a inquietare la società civile sono piuttosto i falsi positivi , problema inestricabilmente legato alla natura dei filtri: il rodato sistema di TalkTalk blocca siti dedicati all’educazione sessuale e siti a supporto delle donne vittime di violenza, Sky blocca dei siti che offrono aiuto contro le pornodipendenze, i nuovi setacci di BT non si comportano meglio, impedendo agli utenti che non scelgano l’opt out di accedere a servizi di assistenza per coloro che abbiano subito abusi.
Gli stessi fornitori di connettività ammettono che i sistemi di filtraggio sono ben lungi dall’essere infallibili, promettendo di confrontarsi con gli utenti e con i gestori dei siti ingiustamente tagliati fuori dalla Rete per affinare i propri strumenti di parental control. Trasparenza, affidabilità, libertà di scelta e reattività sono le caratteristiche suggerite dagli attivisti di Open Rights Group per rendere più tollerabili i filtri a cui i provider non sembrano voler rinunciare: un consiglio valido soprattutto in vista delle pressioni delle autorità, che vorrebbero estendere i blocchi a contenuti definiti “estremisti”. Una categoria dai contorni ancora meno netti rispetto alla nitidezza della pornografia esplicita.
Gaia Bottà