UK, una Rete castrata

UK, una Rete castrata

Gli attivisti di Open Rights Group mostrano le falle di filtri che filtrano troppo. Il parental control di stato colpisce anche i siti innocui, e non risparmia la stessa iniziativa dell'associazione
Gli attivisti di Open Rights Group mostrano le falle di filtri che filtrano troppo. Il parental control di stato colpisce anche i siti innocui, e non risparmia la stessa iniziativa dell'associazione

Il Primo Ministro David Cameron aveva scelto di imporre ai fornitori di connettività e agli intermediari del Web il compito di mettere in atto un vero e proprio sistema di parental contro di stato: i cittadini della Rete britannici avrebbero dovuto poter fruire di una Rete morigerata per default. E se il timore di falsi positivi era stato presto confermato dai fatti, gli attivisti di Open Rights Group hanno ora offerto ai netizen uno strumento per toccare con mano ciò che i filtri, attivati salvo richieste di disattivazione, finiscono per imbrigliare.

Blocked.org.uk , che in origine era stato approntato per accogliere le segnalazioni dei blocchi ritenuti inappropriati da parte di gestori di siti e cittadini, si pone ora come un punto di riferimento per verificare il comportamento degli intermediari rispetto a un sito di riferimento. Sulla base delle segnalazioni dei netizen e sulla base dei siti più popolari secondo Alexa, sono stati esaminati oltre 100mila siti web (non è dato però conoscere l’elenco completo, né il contenuto dei siti monitorati) e Open Rights Group ha constatato che si aggirano intorno ai 19mila quelli che risultano bloccati per gli utenti di uno o l’altro fornitore di connettività.

Blocked.org.uk è altresì uno spazio per condividere le storie dei cittadini vittime di blocchi. Vi figura per ora la denuncia di un editor del blog satirico di Guido Fawkes, bloccato da TalkTalk , e già protagonista di un acceso confronto con la parlamentare Claire Perry, prima sostenitrice dell’iniziativa che sta castrando la Rete del Regno Unito. Le parole della fondatrice di sherights.com ben illustrano la grossolanità di filtri che non sanno distinguere fra la pruriginosità della pornografia e le istanze dei difensori dei diritti delle donne, e le testimonianze di altri cittadini mettono in luce come certi falsi positivi appaiano privi di motivazioni tecniche: perché un sito che pubblicizza l’attività di un rivenditore di automobili rischia di essere classificato come inadatto ai minori? C’è chi ventila anche iniziative censorie: il blog di Aboud Dandachi, commentatore politico che racconta del conflitto siriano, risulta inaccessibile per gli utenti di EE, O2, Sky e Vodafone.

Non solo pornografia e armi, tabacco e violenza: non tutti i siti bloccati sono inappropriati per i minori, non tutti contengono tracce dei contenuti che potrebbero impensierire un genitore, o uno stato che vigila sulla moralità dei propri cittadini. Il problema, spiegano i rappresentanti di Open Rights Group , riguarda la trasparenza: solo con la consapevolezza di ciò che è bloccato sarà possibile intervenire per chiedere al proprio fornitore di connettività di rimuovere i filtri, attivi di default , o di escludere dalla loro blacklist un sito innocuo , una procedura che appare ancora tortuosa e non uniforme rispetto ai diversi provider, a dispetto di quanto le autorità si erano rispomesse .

Se il Regno Unito ritiene dunque che le blacklist siano la soluzione adatta per poter forgiare cittadini temperanti e irreprensibili, gli attivisti di Open Rights Group continueranno a battersi per informare la società civile del fatto che esista un mondo oltre ai filtri calati sulle loro connessioni: anche per quanto attiene la lista nera stilata per soffocare le violazioni del diritto d’autore, l’organizzazione ha messo a disposizione un sito che tenta di tenere traccia dei blocchi .
La stessa Open Rights Group si è già preparata a difendersi dai falsi positivi: blocked.org.uk è già stato temporaneamente bloccato da British Telecom e Virgin.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
3 lug 2014
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