Quanto è preoccupante il fenomeno del wardriving nel Regno Unito? Molto, stando a un nuovo studio sulla diffusione degli access point WiFi “aperti” privi di qualsiasi misura protettiva per lo scambio dei dati. Si parla di una media del 25 per cento di punti di accesso potenzialmente vulnerabili . Altrettanto preoccupante sarebbe la facilità con cui gli utenti si collegano incuranti dei rischi agli access point disponibili al pubblico.
Realizzata per conto della società finanziaria CPP , la ricerca in materia di “ethical hacking” si distingue per le dimensioni, con circa 40mila hot spot presi in esame nelle città di Londra, Edimburgo, Birmingham, Cardiff, Manchester e Bristol. Le cifre risultanti non lasciano alcun dubbio riguardo la scarsa profilassi praticata dai netizen britannici in cerca di connessioni wireless liberamente disponibili.
Dei quasi 15mila hot spot londinesi, dice lo studio, 4.700 sono aperti e pronti per la connessione così come risultano “open” 910 punti di accesso su 3.700 a Birmingham, 870 su 2900 a Manchester e così via. Gli access point insicuri individuati non sono, evidentemente, tutti gestiti dalle autorità e dagli esercizi privati, ragion per cui se ne ricava che tanti proprietari di router e connessioni wireless domestiche poco o nulla sanno a riguardo della tecnologia di cifratura e delle possibili implicazioni della pratica del wardriving.
Altrettanto problematica è la tendenza dei netizen a fidarsi del primo hot spot aperto che trovano sulla propria strada, senza adeguata considerazione di pericoli molto concreti come lo sniffing di informazioni personali e il furto di credenziali finanziarie.
“Quando le persone pensano ai cracker tendono a immaginarsi gang criminali altamente organizzate che usano tecniche sofisticate per penetrare i network”, dicono gli autori dello studio. Al contrario, “come dimostra questo esperimento, tutto ciò che viene richiesto è un computer portatile e software largamente disponibile sul mercato”.
Alfonso Maruccia