UK, zona salvezza per Phorm e BT

UK, zona salvezza per Phorm e BT

I magistrati del Crown Prosecution Service hanno sottolineato come le due aziende abbiano agito in buona fede, distruggendo tutti i dati raccolti su circa 18mila utenti inconsapevoli. Le accuse cadono nel vuoto
I magistrati del Crown Prosecution Service hanno sottolineato come le due aziende abbiano agito in buona fede, distruggendo tutti i dati raccolti su circa 18mila utenti inconsapevoli. Le accuse cadono nel vuoto

Ad annunciarlo sono stati i magistrati del Crown Prosecution Service (CPS) britannico: l’ormai noto caso Phorm cadrà definitivamente nel nulla, in primis perché non vi sarebbe un reale interesse pubblico nel portarlo avanti . Nessuna sanzione verrà dunque comminata agli alti vertici dell’ISP British Telecom, né tantomeno a quelli della famigerata società specializzata in behavioral advertising .

Le autorità del CPS hanno così sottolineato come manchino prove sufficienti per giungere ad una sentenza secondo i dettami del Regulation and Investigatory Powers Act (RIPA) , la legge britannica che regola pratiche come il monitoraggio e l’intercettazione non autorizzata delle comunicazioni a mezzo Internet. British Telecom era stata accusata di aver testato il behavioral advertising senza il consenso dei suoi utenti, vere e proprie cavie telematiche.

Webwise, la tecnologia di Phorm responsabile del controllo delle abitudini di navigazione dei netizen, era stata testata nel 2006 su circa 18mila abbonati del provider d’Albione. Gli utenti sarebbero così stati spiati, analizzati e profilati senza che ne fossero a conoscenza o potessero esprimersi a riguardo. Gli stessi investigatori del CPS si erano successivamente mossi per raccogliere tutti i documenti necessari per sanzionare le due società.

British Telecom non avrebbe però agito in cattiva fede, almeno secondo un comunicato diramato dal CPS. Si sarebbe invece trattato di un errore, o probabilmente di una cattiva – ma non voluta – interpretazione delle leggi britanniche. I magistrati hanno poi sottolineato come le due aziende abbiano collaborato con gli investigatori, distruggendo tutti i dati raccolti (peraltro in forma anonima) . Phorm avrebbe anche iniziato a chiedere agli utenti un esplicito consenso per il trattamento delle informazioni.

Evidentemente insoddisfatto Alexander Hanff, il consulente per la privacy già responsabile di una ricca documentazione su Webwise: il caso Phorm sarebbe assolutamente di pubblico interesse, ora caduto nel vuoto per mere logiche di business. La decisione del CPS aprirebbe anche un pericoloso varco legale, a disposizione di tutte quelle aziende votate al tracciamento degli utenti per fini pubblicitari.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
11 apr 2011
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