Roma – Si chiama Scientigo l’azienda che nelle scorse ore ha ufficialmente rivendicato la paternità di due brevetti che secondo i suoi legali coprono quasi integralmente le principali funzionalità XML (Extensible Markup Language) e ha spiegato che entro pochi giorni sarà formalizzato un accordo con una società di gestione dei diritti che si incaricherà di stringere accordi di licenza con produttori di software, net company e via dicendo.
Il brevetto 5,842,213 parla di una “invenzione che semplifica i processi di gestione dei dati e ne permette l’aggiornamento dinamico applicando una struttura non integrata e non gerarchica all’informazione”. Il secondo brevetto, il 6,393,426 , è pressoché identico, coprendo sia l’archiviazione dei dati che le operazioni di trasferimento delle informazioni e altro ancora. Due brevetti richiesti tra il 1997 e il 1998 e approvati da anni.
In buona sostanza, affermano i dirigenti di Scientigo, tutti gli applicativi XML utilizzati dai siti del commercio elettronico, dai siti di informazione e via dicendo fanno uso di sistemi che ricadono sotto questi brevetti. La stessa Scientigo avrebbe già contattato decine di operatori e softwarehouse per “tastare il terreno” ed afferma di sentirsi fiduciosa sulle possibilità di ottenere royalty sonanti da diversi soggetti, a partire dai grandi shop online come Amazon o eBay, per citare soltanto due degli infiniti siti del settore che usano l’XML.
Va detto, come ben sanno i lettori di Punto Informatico, che XML è uno standard dichiarato tale dal World Wide Web Consortium che, pur con qualche distinguo, l’industria tecnologica ormai da anni appoggia e promuove per le sue grandi doti di flessibilità e scalabilità che online si sono rivelate di assoluto interesse. Lo stesso Consortium ha presentato le prime bozze di XML nel 1996 per arrivare alla specifica XML 1.0 l’anno successivo. A rendere la posizione di Scientigo il fatto, sottolineato da alcuni esperti, che lo stesso XML è una derivazione dell’SGML di ancor più antica natura: una strada di sviluppo che affonda le sue radici negli anni ’60 del secolo scorso .
Questo significa, dunque, come sottolineano i giuristi esperti del settore, che per far valere i prorpi brevetti Scientigo rischia di trovarsi dinanzi alla contestazione di moltissima prior art , ossia applicazioni di queste tecnologie ben precedenti ai propri brevetti, fatto che potrebbe portare alla loro invalidazione. Da parte sua un colosso del calibro di Microsoft ha minimizzato la portata dei brevetti spiegando che questo genere di patent , anche se riconosciute come valide, “è destinata ad avere non più di effetti minimi sull’industria nel suo complesso”.