Red Hat si è sempre schierata contro i brevetti software, ma questo non le ha impedito, in questi anni, di collezionarne un discreto numero. Generalmente questa pratica non scandalizza (quasi) nessuno, perché viene giustificata con la volontà di proteggere l’azienda stessa e la comunità open source, ma l’ultima richiesta di brevetto presentata da Red Hat all’US Patent Office ha sollevato un certo numero di critiche.
Il motivo è che la tecnologia su cui Red Hat vorrebbe mettere il proprio sigillo ha direttamente a che fare con l’Advanced Message Queuing Protocol (AMQP), uno standard aperto e neutrale che descrive un protocollo per la messaggistica a livello di middleware. Questo protocollo può essere utilizzato per far comunicare tra loro le applicazioni di vendor differenti e per interconnettere i processi automatizzati di business.
Il brevetto richiesto (ma non ancora ottenuto) da Red Hat, viene descritto qui come “un metodo e un apparato per trasmettere messaggi tra le applicazioni” e, più nello specifico, come un modo per usare XML in AMPQ.
Come spiegato in questo approfondimento di Ars Technica , buona parte delle critiche piovute addosso a Red Hat sono state sollevate dal fatto che quest’ultima avrebbe registrato il brevetto “in sordina” immediatamente dopo essere entrata nel gruppo di lavoro di AMPQ.
“Sembra chiaro che l’azienda lo abbia fatto con l’intento di tenere per sé le chiavi di una parte cruciale della tecnologia, e ciò quando questo standard ha guadagnato visibilità”, commenta Ars . “Questo viene visto dagli altri membri del gruppo di lavoro come una mossa estremamente ostile”.
Sebbene nella policy di Red Hat relativa ai brevetti si affermi che questi non saranno utilizzati contro il software open source, molti membri di questa comunità si sono scagliati contro la decisione della società dal cappello rosso, definendola deleteria per l’intero mondo degli standard aperti.