Quando la reputazione è gestita da una comunità, ammorbidita e affinata dai giudizi dei suoi membri, può essere la chiave di volta capace di sostenere una convivenza civile. Appone uno stigma su coloro di cui si deve diffidare, spingendoli ad una virtuosa competitività capace di migliorare l’intero sistema. Le infrastrutture che offre la Rete, e la possibilità dei cittadini di esprimersi attraverso di essa sembrano dare prova di questo meccanismo fruttuoso. Così dovrebbe essere per il sistema sanitario americano, che da qualche anno ha iniziato classificare gli ospedali e coloro che vi lavorano, per poi pubblicare online le valutazioni, pronte per essere consultate dai cittadini.
Dati che documentano carriere di successi e inevitabili fallimenti, tempi troppo lunghi di degenza o dimissioni frettolose, rassicurazioni inefficaci e meticolose prescrizioni per esami dispendiosi, tutto viene esaminato ora da software specifici, tutto diventa statistica personale per i medici, i cui punteggi vengono offerti online ai cittadini sotto forma di faccine sorridenti e stelline.
Un’operazione improntata alla trasparenza per consentire ai cittadini una scelta più consapevole dei propri medici, per innescare una competizione volta ad offrire servizi migliori? La valutazioni non sono fornite dal basso , ricavate dalle opinioni dei pazienti, ma, racconta il Washington Post , c’è la mediazione interessata del sistema assicurativo. Le compagnie assicurative invitano i cittadini e coloro che provvedono alla loro assicurazione a rivolgersi ai medici che possono fregiarsi della reputazione più sfavillante, inviti che si traducono in contratti che prevedono premi contenuti e minori percentuali da sborsare per la condivisione delle spese mediche. I medici con i punteggi più alti per questo costano di meno .
Il nodo della questione risiede nei dati utilizzati per stilare le valutazioni, dati archiviati e facilmente rintracciabili grazie alla progressiva informatizzazione del sistema sanitario americano. I punteggi sono attribuiti in base alla qualità del servizio, ma anche all’ efficienza nel razionalizzare le risorse e tagliare sulle spese: ad intorbidare il proposito della trasparenza ci sono la ponderazione di questi parametri e i metodi messi in campo per la raccolta e il confronto dei dati. Il Post cita numerosi casi di medici che inspiegabilmente si sono visti attribuire punteggi poco onorevoli , punteggi che hanno indotto i pazienti-consumatori a rivolgersi a colleghi più quotati, per fruire di prestazioni meno dispendiose.
Per le compagnie assicurative, che commissionano o operano le valutazioni, ridurre il capitolo di spesa destinato alle cure dei cittadini è uno degli obiettivi primari: ci sono medici sottoposti a profilazione che non esitano ad affermare che le valutazioni siano state stilate in base alla loro capacità di ridurre al minimo i costi che gravano sull’assicurazione. Una prospettiva che sposterebbe l’asse della competizione fra medici dalla salute dei pazienti all’efficienza nel tagliare sui costi, minando la qualità del sistema sanitario senza che i cittadini si accorgano di nulla, impegnati a tradurre le stelline in attributi di competenza e professionalità.
Le compagnie assicurative respingono l’accusa con veemenza, dichiarando che l’obiettivo principale resta la tutela dei cittadini e la possibilità offerta loro di scegliere consapevolmente grazie ai profili online. “In ogni tipo di industria, i consumatori sono assetati di informazioni riguardo alla performance del prodotto”, ha dichiarato un operatore del campo intervistato dal Washington Post , senza nascondere che la sanità non è che un mercato, confondendo dati statistici adulterati con la genuinità grassroot del passaparola, su cui si basano servizi come Epinions o eBay.
Anche ammettendo la buona fede delle compagnie assicurative, tracciare una valutazione qualitativa del servizio offerto dai medici è decisamente complesso: il successo di una cura dipende molto da parametri difficilmente quantificabili come stato di salute e diligenza del paziente, senza contare che variabili come l’attenzione alla sfera psicologica del paziente sono spesso trascurate nell’accozzaglia di record che affolla i database delle cliniche. Una pubblicazione online di valutazioni approssimative, ricavate da dati che non prendono in considerazione questi aspetti, mette a rischio in maniera irresponsabile reputazioni e carriere.
Numerosi i medici preoccupati a riguardo: molti hanno visto comparire le valutazioni senza essere stati informati della raccolta e del trattamento dei dati, molti sono stati classificati con valutazioni inique, pagelle sbattute online senza possibilità di rettifica. Per questo motivo si sono moltiplicate le cause contro le compagnie assicurative, intentate con il supporto dell’American Medical Association : ne sono emerse prove della raccolta di dati spesso incapaci di documentare la realtà, trattati in modo inaccurato e parziale.
Dati che, resi universalmente accessibili online, avrebbero dovuto aiutare i cittadini ad orientarsi e ad usufruire di un sistema sanitario migliore, ma che finiscono per rivelarsi diffamatori nei confronti dei medici, vittime sì di un proposito di trasparenza ma interessato, e viziato da questi interessi.
Gaia Bottà