Un P2P che sfugge alla Legge Urbani?

Un P2P che sfugge alla Legge Urbani?

Se lo chiedono molti lettori: ecco una delle numerose email giunte in redazione sull'argomento. A caccia di chiarimenti dopo l'approvazione della pionieristica legge italiana che regolamenta Internet
Se lo chiedono molti lettori: ecco una delle numerose email giunte in redazione sull'argomento. A caccia di chiarimenti dopo l'approvazione della pionieristica legge italiana che regolamenta Internet


Roma – Spett.le redazione di Punto Informatico, ho seguito con grande interesse la vicenda relativa all’ormai famosissimo decreto legge Urbani; lo scenario, anche se assurdo, è ora più delineato . Chi utilizza piattaforme di file-sharing in modo illegale sa cosa rischia e sa a quali sanzioni penali (assurde) va incontro.

A mio avviso, il DL non chiarisce pero’ altri aspetti secondari, ma comunque importanti, relativi al mondo del Peer-to-Peer.

Prendiamo l’esempio di un programma di file-sharing come Direct Connect : il suo funzionamento si basa sull’esistenza di un server centrale che ha il solo ed unico scopo di mettere in comunicazione gli utenti e di dare loro la possibilità di scambiarsi files e messaggi. In teoria quindi, sul server NON è presente alcun file che violi il diritto d’autore.
Non è chiaro pero’, se il responsabile del server possa, in un paese come il nostro dove spesso e volentieri si “spara nel mucchio”, avere la sicurezza e la certezza di non commettere reato.
Purtroppo non esistono (o per lo meno non ho trovato) delle leggi che chiariscano in modo definitivo se una tale attività costituisca un illecito. Basta cercare sui principali motori di ricerca hub di Direct Connect o server Opennap: ce ne sono tantissimi. E’ possibile sapere con precisione che cosa rischiano gli amministratori di questi server?

Quello che vorrei cercare di capire (e di far capire) è che, ad oggi, è diventato difficile, se non impossibile, capire cosa sia legale e cosa no. Cito il caso eclatante di “Enkeywebsite” : fino alla sua chiusura, solo poche persone avevano ipotizzato che pubblicare link a materiale protetto da copyright (e quindi non presente fisicamente sul server) fosse illegale o potesse comunque portare a delle conseguenze così gravi per l’amministratore del sito. Infatti, subito dopo il sequestro, la maggior parte degli utenti che frequentavano quel forum aveva ipotizzato che fosse soltanto il frutto di una burla alla “Scherzi a Parte”.

Se io oggi decidessi di aprire un’attività commerciale potrei conoscere in breve tempo le leggi che regolamentano tale attività e gli obblighi che devo assolvere per essere in regola. Se invece desiderassi gestire un portale dedicato al Peer-to-Peer con link a materiale generico, segnalati dagli utenti stessi, non saprei davvero come comportarmi. E’ legale?
Diventa illegale solo se c’è un guadagno (es: banner pubblicitari)?
Perchè nessuno cerca di chiarire questi aspetti?

Certo che, dopo l’arresto in Giappone del creatore di Winny , un software di file-sharing, ci si aspetta davvero di tutto. Come si fa a trasmettere il messaggio che il P2P di per sè non è illegale, ma puo’ esserlo l’uso che se ne fa? Perchè allora non arrestano i produttori di armi? Anche le armi potrebbero essere utilizzate per scopi penalmente perseguibili.

Grazie per l’attenzione.
Vins

Ciao Vins
sono innumerevoli le email che giungono in redazione in queste ore, molte indignate per la Legge Urbani ed altre che cercano, come te, chiarimenti. Cerchiamo di rispondere a tutte ma non è facile stare dietro al flusso. Né è facile aver le idee chiare.
La verità è che la legge sul diritto d’autore, anche prima dell’approvazione della Legge Urbani, ha consentito ai detentori di tali diritti di farli valere in modo molto ampio. Su questo molto si potrebbe dire e molto è già stato detto ma credo che proprio il caso di Enkeywebsite che tu hai citato, avvenuto ben prima dell’affaire Urbani, dimostri quali sono oggi in questo paese i rischi collegati allo sharing di opere protette : la sola indicazione di link può essere contestata ed essere oggetto di denuncia. Può non piacere, si può naturalmente non condividere, ma il buon senso impone di tenerlo presente.

Condivido il fatto che siano molte le contraddizioni, molti i nodi da sciogliere e molti quelli che verranno sciolti solo con una giurisprudenza che è e sarà fondata sui casi che via via si presenteranno nei tribunali italiani. Viviamo peraltro in un paese che non brilla per certezza del diritto , basti pensare alla situazione in cui siamo dopo l’approvazione dell’attuale legge sull’editoria, un’altra normativa che si occupa di Internet occupandosi, in apparenza, di altro.
Un saluto, a presto, Adele Chiodi

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Pubblicato il
21 mag 2004
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