Il passaggio a processi di produzione dei chip più spinti, necessari per costruire circuiti sempre più piccoli ed efficienti, ha costi ormai difficilmente sostenibili da una sola azienda, persino se questa si chiama IBM. E così, come già accaduto nel recente passato per altri promettenti rami di sviluppo, Big Blue ha stretto un’alleanza con altri chipmaker per lavorare congiuntamente alle tecnologie di processo del prossimo futuro.
Insieme a Samsung Electronics, STMicroelectronics, Chartered Semiconductor, AMD e altri colossi del settore, IBM sta realizzando design, tecnologie e macchinari per la produzione di chip con circuiti da 28 nanometri, dunque oltre una volta e mezzo più piccoli di quelli impiegati nei più recenti processori di Intel.
Questa stessa alleanza di aziende ha già sviluppato, negli scorsi anni, le tecnologie a 45 e a 32 nanometri: quest’ultima, ormai praticamente completa, arriverà sul mercato tra la fine di questo e l’inizio del prossimo anno. Intel, principale concorrente dell’alleanza capeggiata da IBM, ha già pianificato il lancio delle prime CPU a 32 nanometri, note in codice Westmere , verso la fine del 2009.
Dell’alleanza fa parte anche Globalfoundries , la neonata spin-off di AMD che produrrà tutte le CPU di quest’ultima e la quasi totalità delle GPU ATI Radeon.
La tecnologia a 28 nm di IBM e soci, di cui sono già disponibili kit di valutazione, si baserà sui gate metallici ad alta costante k (high-k) e su un processo CMOS a basso consumo. Big Blue afferma che i chip high-k/metal gate consumeranno oltre il 40% in meno di energia e incrementeranno le performance di circa il 20%, inoltre saranno compatibili con un’ampia gamma di applicazioni: dai microchip a basso consumo destinati ai dispositivi wireless o ad altri dispositivi consumer ai microprocessori ad alte prestazioni destinati ai computer aziendali o alle console da gioco.
IBM afferma che i primi chip basati sulla nuova tecnologia di processo arriveranno sul mercato nella seconda metà del 2010 e, inizialmente, verranno utilizzati sugli smartphone e su certi dispositivi elettronici di consumo. Al momento non è chiaro se IBM e AMD intendano utilizzare questo step tecnologico anche per le CPU non embedded o se, in questo tipo di chip, migreranno direttamente dai 32 ai 22 nm.
Tra i clienti delle tecnologie di processo messe a punto da IBM e dalle sue partner vi è anche ARM, celebre azienda inglese che progetta CPU utilizzate in miliardi di dispositivi mobili e consumer di tutto il mondo. ARM ha già fatto sapere si aver pronta una nuova versione del proprio core Cortex basata sui futuri circuiti da 28 nm.
Come si è detto in apertura, continuare a ridurre le dimensioni dei circuiti, e dunque dei transistor, è sempre più costoso: gli analisti stimano che la migrazione ai 45 nm, step intermedio tra l’attuale tecnologia a 65 nm e quella a 32 nm, sia costata mediamente ai produttori circa 4 miliardi di dollari. Questo è del resto un percorso obbligato per i chipmaker che vogliano restare sul mercato: sviluppare circuiti più piccoli significa poter costruire processori che, grazie ad un più elevato numero di transistor, forniscano maggiori performance e riducano, o quanto meno contengano, i consumi energetici.
Alessandro Del Rosso