Come migliorare la qualità e la sicurezza dei cibi? Per gli scienziati una delle soluzioni potrebbe essere quella di disporre di una lingua cibernetica capace di analizzare ogni genere di sapore , fino ad assumere un proprio “gusto”. Per arrivare a tale frontiera, però, bisogna prima realizzare un “macchina” che emuli la masticazione umana: processo chiave che influisce sulla capacità di analisi aromatica.
Il prossimo numero del Journal of Agricultural and Food Chemistry conterrà un approfondimento sugli studi del professor Gaëlle Arvisenet, responsabile del progetto “bocca artificiale” presso l’ ENITIAA (Ecole Nationale d’Ingénieurs des Industries Agricoles et Alimentaires) di Nantes.
“Il nostro obiettivo non è quello di riprodurre esattamente le condizioni della bocca umana, bensì duplicare il risultato della masticazione”, sostiene Arvisenet. Il parere degli esperti, infatti, è che la masticazione, la saliva, il livello di frantumazione degli alimenti e la temperatura condizionino il gusto e l’odore prima della deglutizione. Ad esempio una mela masticata dal primo prototipo di bocca artificiale e da una bocca umana si è dimostrata simile per composizione, colore e componente aromatica.
La bocca artificiale al momento non ha certo un aspetto piacevole; niente a che vedere insomma con il paziente robotico Simrod usato in Giappone per formare i dentisti. Si tratta di un contenitore di circa 600 ml, dotato al suo interno di una sorta di trita-cibo capace di compressione e rotazione. Un mostro raccapricciante che spara nella camera di “masticazione” acqua ed elio per simulare l’azione della saliva e del respiro. Il tutto in condizioni di temperatura prossime ai 37 gradi.
Il prossimo passo non sarà però quello di migliorare l’aspetto dell’aggeggio, quanto di comparare le componenti volatili che si ottengono durante la masticazione umana con quelle ottenute dalla versione artificiale. Solo dopo questo passo evolutivo si potrà disporre di una vera cyber-bocca.
Dario d’Elia