Anche questa volta, forse, si tratterebbe di violazione della privacy. Una istruttrice della squadra di cheerleader del liceo della città di Pearl, nel Mississipi, avrebbe obbligato una studentessa a consegnare le password per entrare nell’ account Facebook privato della ragazza.
A quel punto, una volta ottenuti i codici, Tommie Hill, questo il nome del coach, avrebbe effettuato l’accesso al profilo della studentessa minorenne e avrebbe condiviso conversazioni avvenute tra la ragazza ed altri suoi compagni con altri componenti del personale studentesco. La vera violazione della privacy sarebbe questa, dunque. A causa dell’intrusione di Hill, altri professori avrebbero richiamato e punito la ragazza per quanto detto ad amici tramite Facebook.
La reazione a questo sconfinamento della docente è stata la decisione di denunciare l’intero distretto scolastico. Appellandosi al Primo, al Nono e al Decimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, i genitori della ragazza hanno sporto denuncia chiedendo un risarcimento danni da capogiro: 100 milioni di dollari.
Non sembrerebbero avere tutti i torti, dato che si trattava di informazioni che la liceale aveva deciso di pubblicare sì su un social network, ma su una pagina che era e forse sarebbe stato giusto rimanesse privata. A conferma di ciò, la ragazzina ha dichiarato che non avrebbe avuto problemi se l’insegnante avesse solo guardato le informazioni pubbliche contenute nel profilo, ma il limite sarebbe stato oltrepassato nel momento in cui la docente ha deciso di leggere i messaggi privati scambiati tra compagni di scuola.
Un conto sono le informazioni inserite in un profilo pubblico e quindi accessibile a chiunque, un conto sono quelle che fanno parte di un profilo che si sceglie essere privato, e dunque visibili solo da alcune persone.
Non è la prima volta che le password personali di Facebook sono coinvolte in casi di violazione della privacy di comuni cittadini. Solo un mese fa, in un comune dello stato del Montana, per ottenere un lavoro da impiegato comunale era stato richiesto di fornire tutte le chiavi di accesso ai servizi online. In quel caso, però, è subito sopraggiunta una rettifica . Il comune avrebbe, infatti, ritirato l’intrusiva richiesta e chiesto umilmente scusa.
Federica Ricca