Una moratoria per la copia privata

Una moratoria per la copia privata

di G. Scorza - La legittimità del cosiddetto decreto Bondi è ampiamente discussa, regna la confusione fra gli addetti ai lavori. Una proposta di moratoria, in attesa che i Giudici valutino la nuova disciplina dell'equo compenso
di G. Scorza - La legittimità del cosiddetto decreto Bondi è ampiamente discussa, regna la confusione fra gli addetti ai lavori. Una proposta di moratoria, in attesa che i Giudici valutino la nuova disciplina dell'equo compenso

I grandi nomi dell’industria IT italiana e le maggiori associazioni di utenti e consumatori nei prossimi giorni chiederanno ai Giudici amministrativi di pronunciarsi sull’illegittimità – che appare sotto innumerevoli profili palese – del c.d. Decreto Bondi , ovvero del provvedimento firmato lo scorso 30 dicembre dal Ministro per i beni e le attività culturali attraverso il quale avrebbero dovuto essere “semplicemente” rideterminate le misure dell’equo compenso per copia privata previsto dall’ art. 71 septies LDA mentre si è finito con il riscriverne l’intera disciplina, raddoppiando i compensi – equi o iniqui che siano – per l’industria audiovisiva e, correlativamente, la pressione su industria IT, utenti e consumatori.

Sui molteplici profili di probabile illegittimità del provvedimento amministrativo si è già scritto molto e, comunque, a questo punto, non resta che attendere che siano i Giudici a pronunciarsi ed a chiarire – una volta per tutte – se l’atto è illegittimo come da mesi sostengono i più o, piuttosto legittimo e se, dunque, l’industria ed i consumatori italiani dovranno davvero rassegnarsi a pagare questo ennesimo “balzello” da poco più o poco meno di 100 milioni di euro l’anno.

È, invece, urgente preoccuparsi degli effetti che il Decreto Bondi sta producendo e rischia di produrre nell’immediato futuro.
Alcuni dei profili di illegittimità dell’atto denunziati, infatti, ne investono la stessa efficacia con la conseguenza che se i Giudici dovessero accogliere le istanze dei ricorrenti, l’efficacia del Decreto verrebbe radicalmente meno ed il Ministero dovrebbe ricominciare tutto da capo: è il caso della violazione della riserva di legge di cui all’ art. 23 della Costituzione per aver il Ministro, nella sostanza, preteso di introdurre nell’Ordinamento una nuova prestazione patrimoniale imposta attraverso un proprio “semplice” decreto così come della violazione della disciplina di cui alla legge 400/88 per aver varato un atto avente portata normativa e/o comunque regolamentare omettendo di provvedere a richiedere al Consiglio di Stato il necessario parere nonché alla pubblicazione integrale dell’atto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Nelle scorse settimane, peraltro, la circostanza che il Ministro abbia fatto ricorso ad un Decreto anziché ad un Regolamento così come sarebbe risultato corretto e lecito attendersi, ha determinato un clima di grande confusione tra gli addetti ai lavori circa la data di effettiva entrata in vigore del provvedimento e quindi di efficacia degli obblighi di versamento in esso contenuti. Gli addetti ai lavori, infatti, si sono trovati smarriti e divisi tra il ritenere il decreto entrato in vigore il 14 gennaio scorso ovvero a seguito della sua pubblicazione sul sito del Ministero per i beni e le attività culturali, il 6 marzo ovvero a seguito della pubblicazione del relativo comunicato di avvenuta pubblicazione della versione integrale sul sito del MBAC e della SIAE in Gazzetta Ufficiale o, piuttosto, il 21 marzo ovvero decorsa l’ordinaria vacatio legis di 15 giorni a seguito della pubblicazione – sebbene solo parziale – in Gazzetta Ufficiale.

La situazione venutasi a creare, in ragione del rilevante impatto che le disposizioni contenute nel provvedimento producono sul mercato di riferimento, è peraltro rapidamente divenuta tanto difficile da sostenere che il 9 marzo il Ministero dei beni e delle attività culturali ha ritenuto di intervenire con un parere del capo dell’ufficio legislativo, nel quale si chiarisce che il c.d. Decreto Bondi – essendo a suo dire privo di portata normativa ovvero regolamentare – dovrebbe considerarsi entrato in vigore, alla stregua di ogni atto amministrativo, il 14 gennaio scorso, a seguito della pubblicazione sul sito del Ministero e della SIAE.

Quale che sia la realtà, è fuor di dubbio che l’incertezza circa l’effettiva legittimità del Decreto e, conseguentemente, la sua efficacia stia compromettendo il mercato di riferimento, inducendo gli operatori ad attendere lo “stabilizzarsi” della situazione per ordinare prodotti soggetti all’equo compenso, predisporre i nuovi listini prezzi e, più in generale, programmare ed attuare le proprie strategie di business.

La rilevanza, anche economica, della questione appare innegabile.
Se, infatti, si considera che per effetto delle disposizioni contenute nel Decreto Bondi, l’industria IT dovrà versare, ogni anno, a titolo di equo compenso, alla SIAE circa 100 milioni di euro è facile desumere che nei soli primi 3 mesi dell’anno, l’efficacia del Decreto, è suscettibile di incidere sul mercato di riferimento per oltre 25 milioni di euro cui andranno ad aggiungersi circa 9 milioni di euro per ogni mese in cui il Decreto resterà in vigore.

Appare, dunque, opportuno ed auspicabile che il Ministro Bondi, dando prova di buon senso e maturità politica, disponga una moratoria circa l’efficacia del proprio decreto prorogando l’operatività della previgente disciplina sino a quando – auspicabilmente in tempi brevi – la Giustizia amministrativa non farà il suo corso dichiarando in tutto in parte legittimo o, piuttosto, illegittimo il provvedimento.

La vecchia disciplina, quella contenuta all’art. 39 del Decreto Legislativo 68/2003 è rimasta in vigore per quasi sei anni ed ha garantito alla SIAE ed ai beneficiari ultimi del diritto l’incasso di rilevanti importi a titolo di equo compenso che, nel solo 2008, hanno superato i 60 milioni di euro. Prorogare la vigenza di tale disciplina e sospendere l’efficacia della nuova – peraltro, allo stato, ancora sostanzialmente rimasta inapplicata – non creerebbe alcun rilevante pregiudizio ai titolari dei diritti mentre eviterebbe che vengano a prodursi conseguenze gravi ed irreparabili sui mercati di riferimento e, soprattutto, che i consumatori si vedano costretti a farsi carico, nei mesi che verranno, a versare decine di milioni di euro in forza di un provvedimento amministrativo della cui legittimità è, almeno, lecito dubitare.
Si tratta, peraltro, di somme che ben difficilmente i consumatori potranno poi effettivamente recuperare giacché le stesse verranno versate nella pressoché totale assenza di trasparenza quale quota parte – indistinta ed indistinguibile – del prezzo dei prodotti “tassati”.

Singolarmente considerate, d’altro canto, tali somme saranno tali da non giustificare il ricorso ad un’azione di ripetizione da parte dei singoli consumatori mentre la natura tributaria dell’equo compenso – sulla quale, a quel punto, c’è da scommettere che persino SIAE concorderà – rischia di precludere alle associazioni dei consumatori di agire con un’azione di classe, aggiungendo così, al danno, la beffa.

Serve, dunque, una moratoria per la nuova disciplina sulla copia privata e serve subito, perché un Paese già in crisi – così tanto da non potersi permettere la banda larga che altrove, in Europa, arriva dappertutto – non può immolare decine di milioni di euro sull’altare dell’industria audiovisiva per effetto di un provvedimento amministrativo, pensato male, scritto peggio e, soprattutto, concepito nell’interesse di una sola delle parti che si confrontano sul mercato ed in aperta violazione della disciplina europea.

È muovendo da questi presupposti che l’Istituto per le politiche dell’Innovazione ha aperto alle firme una richiesta di moratoria rivolta al Ministro Bondi affinché, ferme restando le posizioni di ciascuna delle parti circa il merito del problema, venga sospesa l’efficacia del Decreto in attesa della decisione dei giudici amministrativi, a tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini e dei consumatori.
L’auspicio è, per dirla con la straordinaria metafora di Marco Pierani, che il Ministro voglia, almeno per qualche mese, ordinare al doganiere millecinquecentesco ritratto nel celebre film “Non ci resta che piangere” con Troisi e Benigni, di chiedere ad ogni passaggio – ops… copia privata – 3/4 di fiorino anziché un fiorino tutto intero.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it

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Pubblicato il
6 apr 2010
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