RIAA non se la passa benissimo : la crociata contro il file sharing non autorizzato, le decine di migliaia di cause legali contro studenti, università e condivisori di ogni età e fascia sociale si scontrano con l’incapacità di riuscire a provare l’evidenza di un reato o le prese di posizione di certi giudici. In questo quadro si aggiunge ora una denuncia per “investigazione privata illecita” condotta per mezzo di società non autorizzate.
Accade in Texas, dove l’anziana signora Crain è stata chiamata da RIAA davanti al giudice per presunta condivisione illegale nel caso Sony vs. Crain . La signora sostiene di non aver mai nemmeno sentito parlare di file sharing prima di venire coinvolta nella faccenda , e quando i discografici si sono fatti avanti con una richiesta di accomodamento di 4.500 dollari, ha deciso di contrattaccare in tribunale.
Crain accusa RIAA di aver pagato investigatori senza licenza per ficcanasare nei propri dati , usando poi le informazioni ottenute per imbastire la causa contro di lei, come in altre cause simili nello stato americano. L’associazione, sostiene la signora, era perfettamente consapevole che le leggi del Texas impongono di possedere regolare licenza per simili attività investigative, e incurante del fatto che la società specializzata MediaSentry ne fosse sprovvista, ha altresì incoraggiato intromissioni illegali .
Il legale di Crain parla di associazione finalizzata alla violazione delle leggi del Texas, un abuso che ha causato alla sua cliente stress e danni psicologici. Certo è che, qualora la corte desse ragione all’accusa, si sarebbe di fronte ad un nuovo duro colpo alla strategia legale di RIAA : società come appunto la suddetta MediaSentry non avrebbero più gioco facile nello scandagliare le reti di P2P senza le dovute autorizzazioni e licenze.
Alfonso Maruccia