Roma – Il disegno di legge 4599 avanza in Parlamento. Presentato nel gennaio 2004 dal ministro per le Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, assieme ai titolari dei dicasteri dell’Economia, delle Comunicazioni, del dipartimento all’Innovazione e altri ancora, l’iter del testo sta accelerando, segno che alcune questioni si sono sbloccate e che la normativa potrebbe presto vedere la luce .
Il provvedimento ( qui in pdf) intende modificare il codice penale e rispondere alla necessità palesata nella UE di giungere a misure condivise tra gli stati membri attorno al problema dello “sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia anche via Internet”, che poi è il titolo della disposizione proposta dal Governo.
Tra i concetti alla base della nuova normativa anche l’estensione della definizione di pornografia infantile a quelle immagini che non rappresentano violenze sui bambini ma sono composte da minori virtuali realizzati al computer o comunque non reali (“realistiche immagini virtuali di minori”), frutto cioè della fantasia perversa piuttosto che di un abuso. Allo stesso modo e nella stessa definizione dovrebbero rientrare anche le immagini pornografiche che ritraggano persone che sembrino minori anche se non lo sono.
A detta dei proponenti, infatti, “in una prospettiva più ampia di prevenzione e repressione del fenomeno, anche condotte di produzione e diffusione di materiale pornografico che raffigura persone anche solo apparentemente minorenni od anche immagini virtuali di minorenni, appaiono tali da alimentare il fenomeno della pornografia minorile, inducendo effetti criminogeni nei fruitori del materiale”. In sostanza, sostengono i promotori della normativa, “la produzione e la diffusione di siffatto materiale sono infatti tali da incentivare quei comportamenti devianti, tali, a loro volta, da originare ulteriori condotte lesive del bene giuridico finale della integrità fisico-psichica dei minori”.
La punibilità della produzione di immagini che ritraggano persone che sembrano minori è strettamente legata alla diffusione e cessione delle stesse : la produzione e l’uso in ambito del tutto personale non sarebbe quindi punibile, sebbene di questo si stia discutendo in Commissione.
Per ottenere lo scopo ultimo, che sulla carta è quello di contrastare la diffusione di materiale pornografico realizzato usando minori, si intende anche chiamare in causa i fornitori di accesso e di servizi Internet la cui “collaborazione” si ritiene essenziale per impedire che ci sia chi continua a lucrare via Internet diffondendo quelle immagini e vendendole anche attraverso i normali circuiti transattivi.
L’idea di fondo, infatti, è non solo tutelare i minori affinché su di essi non vengano compiuti abusi e di questi venga fatto commercio online, ma anche far sì che i minori non accedano a certi contenuti che ne possano minare “il corretto sviluppo psichico”. Ed è qui che i provider entrano in gioco.
Non solo la normativa impone agli ISP di chiudere gli spazi Internet segnalati loro dalle pubbliche autorità, con conseguenze penali per chi non lo dovesse fare, ma anche di adottare strumenti di filtraggio per impedire l’accesso a siti che presentino pornografia infantile. La mancata adozione di questi strumenti è punibile con sanzioni fino a 250mila euro.
Ovvia la preoccupazione dei provider interpellati da Punto Informatico in questi giorni sulla questione. L’adozione di questa normativa, infatti, li porrebbe tra incudine e martello: da un lato i tool di filtering che naturalmente non possono star dietro alla moltiplicazione di decine di migliaia di siti illegali in continuo movimento, realtà che i ministri proponenti non sembrano aver adeguatamente considerato, dall’altro lo spauracchio di una pesantissima sanzione economica. Quali le conseguenze? Una probabile censura preventiva a tutto campo per evitare di sbagliare. Una soluzione che, evidentemente, non può funzionare ma può far solo danni alle libertà digitali.
Infine, va segnalato che tra i punti deboli della normativa ancora una volta vi è la vaghezza delle disposizioni che anche preoccupa gli ISP. Una vaghezza che si può sperare venga risolta quando il provvedimento passerà all’Aula per l’esame perché riguarda concetti essenziali: basti pensare che, a leggere gli atti, si evita consapevolmente di specificare cosa si intenda per pornografia .