Se fino a oggi i difensori della network neutrality hanno denunciato i pericoli di una Internet asservita agli interessi dei grandi gruppi, che cosa succederà dopo che questa mattina Comcast e Time Warner avranno annunciato la nascita di una joint-venture pensata per blindare i contenuti televisivi trasmessi in rete? È facile prevedere l’acuirsi dello scontro tra sostenitori e avversari della neutralità dei “tubi” rispetto ai contenuti che vi transitano dentro, e un altrettanto probabile interesse da parte delle autorità federali di controllo sulle telecomunicazioni e il commercio.
Dando finalmente corpo a un progetto di cui si parla da tempo, il carrier Comcast e la media company Time Warner dovrebbero questa mattina presentare in via ufficiale TV Everywhere , che le società interessate descrivono come un modo per arricchire l’esperienza di rete degli utenti con nuovi contenuti e nuove modalità di accesso, cominciando a trasmettere per la gioia di grandi e piccini cose che fino a ora su Internet non s’erano viste.
Fuori dalla retorica di parte, dedicando un’ occhiata più attenta a TV Everywhere si scopre che le nuove modalità di accesso corrispondono in realtà a un sistema di autenticazione proprietario , dove l’utente di Internet che vorrà accedere alla programmazione in mano a Time Warner (New Line Cinema, HBO, Warner Bros., Cartoon Network e DC Comics giusto per citare alcune delle sue sussidiarie) dovrà dimostrare, attraverso una procedura ignota al momento, di corrispondere già l’obolo mensile dovuto alla trasmissione della stessa programmazione via cavo.
I dettagli di TV Everywhere sono fumosi, nulla si sa né sull’eventuale costo aggiuntivo al canone per il cavo né sulle modalità di accesso o la pervasività del sistema di blindatura dei contenuti “premium” veicolati attraverso Internet. Quel che appare certo è che due nemici naturali, un carrier di “stupidi tubi” e una media company, hanno deciso di unirsi per uno scopo comune e non si tratta di mettere fiori nei fucili della guerra per il controllo dell’accesso né di fare beneficenza a favore del netizen medio.
Per le media company la prospettiva è la sopravvivenza, come il presidente di Comcast Stephen Burke conferma al NY Times spiegando che “La maggioranza dei profitti dei grandi produttori di intrattenimento deriva dalla programmazione via cavo”, un modello di business talmente importante da richiede un’attenzione particolare da parte degli operatori per evitare di metterlo a rischio in qualche modo.
Si tratta insomma anche di difendere in qualche modo lo status quo, anche se difficilmente le due aziende potranno contrastare definitivamente una realtà fatta di show televisivi su BitTorrent , di atomizzazione dei contenuti e della progressiva perdita di controllo sullo sviluppo, la distribuzione e la vendita che fino ad oggi sono stati i pilastri dell’entertainment americano.
Alfonso Maruccia