Dall’Europa centrale spira un vento di openness potente, che spinge verso la rivoluzione delle comunicazioni digitali in funzione di una competizione franca e aperta tra tutti i protagonisti di settore. Il parlamento ungherese ha ratificato l’obbligatorietà dell’utilizzo dei formati aperti per chiunque, nel settore pubblico e privato, debba servirsi delle infrastrutture elettroniche statali. Non si parla espressamente di “obbligo di open source”, ma il risultato rimane significativo in funzione della lotta ai monopoli e in vista della presidenza ungherese dell’Unione Europea del 2011.
L’iniziativa parlamentare era stata avviata da Open Standards Alliance , con l’obiettivo specifico di “promuovere la diffusione di mercati senza monopoli che incoraggino lo sviluppo di prodotti intercambiabili e interoperabili, quindi aprendo il mercato a una concorrenza estesa”. Alla fine la lobby dell’ openness l’ha avuta vinta e l’Atto LX del 2009 del parlamento ungherese è stato emendato per recepire la proposta.
Ma in pratica la nuova disciplina che cosa significa per operatori, aziende, fornitori e dipendenti variamente imparentati con la burocrazia statale d’Ungheria? Tutti i soggetti interessati dovranno prevedere l’interoperabilità delle proprie soluzioni software con quelle concorrenti , indipendentemente dal tipo di mercato in cui si trovano a operare.
La nuova disciplina ungherese non fa dunque distinzione tra codice chiuso o aperto, free software o prodotti “in scatola” venduti da big e pesci piccoli dell’IT. La definizione di interoperabilità stabilita dal parlamento è intelligente e potrebbe risultare applicabile anche al contestato formato .docx sviluppato da Microsoft, con riverberi che riguardano molto da vicino lo European Interoperability Framework su cui si discute da anni in quel di Bruxelles.
Nell’ultima bozza EIF presentata dall’Unione ci sarebbe la diluizione della definizione di standard aperti in favore della “omogeneità” tra i sistemi IT comunitari, ma nel 2011 la presidenza della UE toccherà proprio all’Ungheria e vista l’iniziativa parlamentare di Budapest l’EIF potrebbe anche prendere una piega diversa da quella attuale.
Alfonso Maruccia