Un breve post, di poche parole, per annunciare in via ufficiale la decisione di abbandonare le piattaforme di Zuckerberg: UniCredit non sarà più presente su Facebook, Instagram e Messenger. Via gli account ufficiali. Una scelta, quella maturata dal gruppo bancario, giustificata dalla volontà di “valorizzare i canali digitali proprietari” e per “garantire un dialogo riservato e di alta qualità”. L’addio è fissato per l’1 giugno.
Unicredit, fuga da Facebook
Una spiegazione dai toni diplomatici, ma non potrebbe essere altrimenti. L’annuncio, in realtà, non stupisce. Già la scorsa estate l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier si era rivolto alla stampa senza usare giri di parole e definendo i comportamenti del colosso di Mark Zuckerberg come “non etici”. Diretti i riferimenti al caso Cambridge Analytica esploso pochi mesi prima, così come alle dinamiche non sempre trasparenti attuate nella gestione delle campagne di marketing e nell’erogazione dell’advertising agli utenti.
Valorizzare i canali digitali proprietari per garantire un dialogo riservato e di alta qualità. In linea con questo…
Pubblicato da UniCredit Italia su Venerdì 3 maggio 2019
UniCredit continuerà invece ad essere presente su altre piattaforme come Twitter, LinkedIn, Pinterest e YouTube, con account attraverso i quali interfacciarsi a clienti e utenti. Il gruppo già aveva scelto di non investire più nella pubblicità su Facebook dalla prima metà dello scorso anno e, a quanto pare, la decisione odierna andrà ad applicarsi a tutti i paesi in cui opera.
Sebbene difficilmente la scelta provocherà scossoni per il gigante di Menlo Park, non può che essere interpretata come l’ennesimo sintomo di una patologia che pian piano inizia a manifestarsi e che, alla lunga, potrebbe divenire cronica, portando a conseguenze inattese e tutt’oggi ancora difficilmente immaginabili. Pur in assenza di un vero concorrente, il social network in blu rischia di rimanere schiacciato dal suo stesso peso, travolto da dinamiche ora ostiche da governare, innescate al fine di spingere una crescita che sotto alcuni punti di vista sembra ormai fuori controllo, anche al suo stesso management.