Si torna a discutere della digital tax europea, con una nuova proposta avanzata dall’attuale presidenza austriaca di Sebastian Kurz che verrà discussa dai ministri delle finanze a Vienna nelle giornate di venerdì e sabato. Sul tavolo dell’incontro un documento il cui primo obiettivo è quello di giungere a una decisione comune adottata da tutti gli stati membri, scongiurando così il rischio di iniziative attuate dai singoli governi che rischierebbero di minare la solidità del mercato comune continentale.
L’Europa e la digital tax
L’intento è quello di giungere a un accordo che prevede una tassa del 3% sui profitti generati dalle aziende mediante business digitale, in vigore nella più ottimistica delle ipotesi già entro la fine dell’anno in corso. Sarebbero interessati i proventi derivanti dall’advertising online e dalla vendita di prodotti tramite marketplace: realtà come Google, Facebook, eBay e Amazon sono dunque da annoverare tra le circa 200 società interessate. Altro paletto imposto per stabilire se una compagnia rientra o meno tra quelle obbligate al pagamento è l’entità del business annuale che deve raggiungere i 750 milioni di euro a livello globale e almeno i 50 milioni di euro nel territorio EU.
Secondo le stime, una digital tax così configurata porterebbe nelle casse del vecchio continente circa 5 miliardi di euro ogni anno. Maggiormente inclini ad appoggiare la proposta per giungere a una soluzione in tempi rapidi paesi come l’Italia e la Francia, che in più d’un occasione hanno lamentato quanto i profitti generati dalle tech companies entro i loro confini non siano adeguatamente tassati. Per questi un’applicazione della normativa nel breve periodo costituisce la prospettiva migliore. Resistenze si registreranno invece con tutta probabilità da stati come Lussemburgo e Irlanda, che proprio grazie alle loro condizioni e alle aliquote agevolate sono riusciti nel corso degli anni di attrarre le sedi fiscali dei grandi gruppi del mondo tecnologico e online.
Alla ricerca di un compromesso
L’ostacolo più grande è dunque rappresentato dalla necessità di trovare un compromesso, una formula che sappia mettere d’accordo tutti, anche in modo temporaneo prima che si arrivi a definire e sottoscrivere una riforma globale della tassazione digitale, in discussione ormai da diversi anni senza però aver portato ad alcun risultato concreto. Ben 11 dei 28 stati membri già stanno valutando l’applicazione di misure proprie, indipendenti e slegate dalle iniziative EU, col rischio di innescare una sorta di frammentazione.
Stando a quanto riportato da Reuters, la proposta di Kurz si pone l’obiettivo di ridurre la distanza tra le parti restringendo il raggio d’azione della digital tax, escludendo dalla sua portata i business legati alla gestione e alla vendita dei dati riguardanti gli utenti. Da valutare anche la reazione dei big interessati da un’eventuale approvazione.