L’improvviso annuncio della nuova policy sulla Runtime Fee da parte di Unity, la scorsa settimana, ha sollevato un polverone di polemiche e di proteste tra gli sviluppatori (e non solo). La società ha chiesto, a partire dall’1 gennaio 2024 e in modo retroattivo, il pagamento di una somma per ogni copia installata dei software basati sull’engine, al raggiungimento di determinate soglie (differenziate per le licenze Personal e Plus e per quelle Pro ed Enterprise). Ne deriva un impatto sensibile per alcune delle software house impegnate sul fronte gaming, resa nota con una tempistica di certo non agevole per considerare il passaggio alle alternative.
Il dietrofront di Unity: correggerà il tiro
Ora, l’azienda si è resa conto di dover fare i conti con un malcontento generale e promette di correggere il tiro. Non ha ancora ufficializzato i nuovi termini stabiliti, ma lo farà a breve, come si legge in un post su X appena condiviso.
Vi abbiamo sentiti. Ci scusiamo per la confusione e per l’angoscia causate dalla policy sulla Runtime Fee che abbiamo annunciato martedì. Stiamo ascoltando, parlando con i membri del nostro team, con la community, con i clienti, con i partner e apporteremo modifiche alla policy. Condivideremo un aggiornamento tra un paio di giorni. Grazie per il vostro feedback onesto e di importanza critica.
L’impatto dei cambiamenti annunciato la scorsa settimana rischia di farsi sentire soprattutto sulle realtà meno strutturate, sugli sviluppatori indipendenti che, complice un buon successo ottenuto dai loro titoli, riescono a raggiungere le 200.000 installazioni oppure a raccogliere 200.000 dollari.
Dunque, hanno vinto gli sviluppatori? È presto per affermarlo, sarà quantomeno necessario attendere l’ufficializzazione delle modifiche promesse. Di certo, il rapporto tra le parti (Unity e la comunità dei creatori), già da tempo messo a dura prova dall’introduzione di novità maldigerite, rischia ora di essere definitivamente e irrimediabilmente compromesso.