Si torna a parlare del processo al video-da-29-secondi su YouTube, che tanto rumore fece un anno fa mettendo di fronte una società da miliardi di dollari di fatturato contro una madre, colpevole di avere inserito, in sottofondo della clip, uno spezzone dalla durata infinitesimale di una vecchia canzone di Prince . In particolare fa notizia quanto sostenuto dai legali di Universal, secondo i quali il fair use non c’entra e quella violazione fa sì che la major possa chiedere quello che vuole a GoogleTube sotto forma di compensazione.
Al centro, naturalmente, il controverso DMCA , la normativa statunitense sul copyright che permette ai detentori dei diritti d’autore di chiedere la rimozione del materiale non autorizzato diffuso su server e siti web. Una normativa che si è recentemente guadagnata l’ennesima critica, ovvero il biasimo della Biblioteca del Congresso come misura deleteria per il bene comune .
Universal se la deve vedere ora con l’autrice di quel filmato, che chiede formalmente a YouTube di ripubblicare quel piccolo spezzone video, quel filmatino del bimbo in girello che dopo sei settimane di oscuramento quest’anno ha totalizzato mezzo milione di contatti .
Assistita da Electronic Frontier Foundation , la donna ha denunciato Universal presso la corte di San Jose, California, chiedendo all’etichetta di versare un quantum a titolo di compensazione per l’oscuramento della clip : riconosciuta come illegittima, la richiesta di takedown inviata a GoogleTube ha provocato la rimozione dalla rete dei contenuti. Una richiesta di denaro che è prevista da una clausola poco esplorata del DMCA e che prevede una compensazione a fronte del mancato rispetto del Primo Emendamento della Costituzione USA e, in buona sostanza, del fair use .
Ma nel dibattimento in aula, l’avvocato di Universal Kelly Klaus ha sostenuto che il fair use in questo caso non c’entra . Non è fair use , dice il legale, avere in sottofondo 29 secondi di un brano musicale che si riconosce a stento mentre si filma il proprio bambino. Non è fair use perché quel contenuto ci è finito lì per caso e, soprattutto, Universal non può essere ritenuta responsabile di alcunché perché il DMCA prevede compensazioni solo se chi ha effettuato la richiesta di rimozione non è intestatario dei diritti d’autore sul brano musicale contestato, mentre nel caso specifico Universal è proprietaria al 100% del brano di Prince.
Non è affatto d’accordo Corynne McSherry, legale di EFF che sostiene invece come la clausola del DMCA indicata serva proprio a “prevenire un utilizzo illegittimo delle richieste di rimozione dei contenuti”. “È una disputa molto importante sull’interpretazione delle norme di legge” ha concluso il giudice distrettuale Jeremy Fogel chiamato a sbrogliare la matassa. Una matassa che però, almeno al momento, non ha ancora una data stabilita per la sentenza.
Alfonso Maruccia