Un’università internazionale, completamente online ed aperta a tutti con costi di iscrizione risibili. È questa la promessa della “University of the People”, l’ambizioso progetto educativo lanciato dall’imprenditore israeliano Shai Reshef: che risponde, con ottimismo, alle (molte) critiche degli addetti ai lavori.
Reshef, un passato da designer di e-learning ed un presente nella board della community educativa Cramster , parte da un assunto molto semplice. “Il materiale per i corsi è già tutto là, reso disponibile dagli Atenei che hanno messo online gratuitamente i propri corsi – spiega al reporter del New York Times – E poi sappiamo che l’insegnamento peer-to-peer in linea funziona. Mettendo insieme questi elementi, si apre lo spazio per una università gratuita aperta agli studenti di tutto il mondo. Aperta a chiunque parli inglese ed abbia una connessione internet a disposizione”.
La University of the People dovrebbe aprire i battenti nell’Aprile del 2009, con una fase beta che prevede un numero ridotto di studenti (300) e pochi corsi a catalogo. Ma d’altra parte Reshef si dice fiducioso di poter raggiungere in meno di cinque anni la soglia di 10000 iscritti dove, spiega, il business diventerebbe profittevole. L’investimento iniziale previsto è di 5 milioni di dollari.
Nelle “classi” virtuali del nuovo ateneo, ciascuna composta da non più di 20 studenti, verrebbero forniti i vari insegnamenti associati al corso di laurea. Per ogni insegnamento sono previsti un forum online- dove scaricare i materiali didattici, vedere le domande dei colleghi, discutere i temi non chiari e vivere momenti di interazione online con gli altri studenti.
La supervisione rispetto alle attività degli alunni, spiega ArsTechnica , dovrebbe essere garantita da team misti formati da volontari (non pagati) e docenti veri e propri. A questi ultimi il compito di monitorare l’andamento complessivo delle lezioni, il comportamento dei volontari, nonché risolvere eventuali dubbi lasciati irrisolti nei forum. “L’idea – spiega ancora Reshef – è quella di prendere il concetto di social networking ed applicarlo al mondo dell’università”.
Altro punto forte della University of the People dovrebbe essere l’economicità. L’iscrizione al singolo corso dovrebbe infatti costare una cifra variabile tra i 15 ed i 50 dollari, mentre la partecipazione agli esami – unica voce di costo ulteriore per gli studenti – dovrebbe oscillare tra i 10 ed i 100 dollari. Le tariffe per i ragazzi dei paesi in via di sviluppo sarebbero di default quelle più basse, mentre prezzi più alti verrebbero praticati per tutti gli altri.
A dispetto dell’entusiasmo profuso da Reshef e dai suoi collaboratori, però, molti addetti ai lavori restano scettici rispetto all’iniziativa. “Negli ultimi dieci anni si è parlato spesso di avviare iniziative simili, ma i tempi non sembravano maturi – spiega il direttore dello Sloan Consortium , John Bourne – Dal punto di vista dei contenuti c’è molto (e molto di buono) in giro. Ma la vera incognita sono gli insegnanti. Mi piacerebbe capire quale sia la ricetta che consente di trovare, e formare, un insegnante di qualità senza imporre agli studenti adeguate tasse universitarie”.
Ci sarebbe poi da badare alle problematiche tecnologiche collegate al progetto. I file audio-video delle lezioni, infatti, richiedono connessioni broadband che una larga parte del pubblico potenziale di Reshef non sembra possedere. Il rischio è che nei paesi in via di sviluppo gli studenti abbiano accesso soltanto ai materiali testuali, mancando una parte fondamentale dell’esperienza didattica. Ma Reshef risponde con ottimismo a tutte le critiche mosse contro il suo nuovo progetto. “Collaborando online, gli studenti formano delle reti sociali molto forti. E attraverso queste reti online, peraltro molto amate dai ragazzi, siamo in grado di portare gli insegnamenti superiori in ogni parte del mondo. (…) Fino ad oggi, non sono ancora riuscito a trovare una sola persone per la quale questa non sia una buona idea”.
Negli ultimi anni, la formazione a distanza ha conosciuto una vera e propria esplosione. Una ricerca dello Sloan Consortium illustra come, nel 2007, almeno 3,5 milioni di studenti abbiano frequentato corsi online negli Stati Uniti, mentre progetti come OpenCourseWare del MIT vengono ripresi da paesi di ogni parte del mondo. In Italia lo scenario sembra evolvere con qualche lentezza in più , ma le grandi istituzioni si stanno comunque attrezzando.
Giovanni Arata