Vitaly Vanchurin è docente di fisica presso la University of Minnesota Duluth e autore di uno scritto intitolato “The world as a neural network”, pubblicato nell’estate scorsa e già definito a ragion veduta da più parti “provocatorio”. Un totale di 23 pagine in cui spiega perché non sia da escludere a priori la possibilità che l’intero universo altro non sia che una gigantesca rete neurale.
Teoria fondata o follia da romanzo sci-fi?
Riducendo la complessa teoria ai minimi termini si basa su un principio piuttosto semplice: se ogni fenomeno osservabile può essere riprodotto con un modello da parte di una rete neurale, per estensione lo stesso può valere per l’intero universo che li ospita. Confusi? Anche noi. A chi ha la volontà di addentrarsi in quesiti profondi sull’origine di tutto (incredibilmente la risposta potrebbe non essere “42”), sulla meccanica quantistica e sul continuum spaziotempo consigliamo la lettura del documento su arXiv.
Consideriamo la possibilità che l’intero universo, al suo livello più fondamentale, sia una rete neurale.
Un pensiero non poi così distante da quello che ha dato vita a romanzi e pellicole sci-fi (a proposito, l’uscita di Matrix 4 rimane fissata per quest’anno) che si presta a interpretazioni di carattere filosofico ancor prima che fisico o scientifico.
Non stiamo solo affermando che le reti neurali artificiali possano essere utili per analizzare i fenomeni o per scoprire le leggi della fisica, stiamo dicendo che si trovano alla base del funzionamento del mondo che ci circonda.
Volendo dare per buono quanto ipotizzato da Vanchurin diviene lecito chiedersi se l’universo che conosciamo sia una rete neurale finita, solo un layer di un sistema più grande oppure un singolo nodo di un network che ne include altri miliardi. O ancora soltanto uno degli infiniti cicli attraverso i quali contribuire all’istruzione di un’intelligenza artificiale più grande, al di là della nostra comprensione.