Quale emozione ci rimane ancora addosso, 50 anni dopo aver toccato la superficie della Luna? Siamo ancora pronti a sentire quelle vibrazioni, oppure i miracoli della scienza ci hanno proiettati verso Marte facendoci completamente dimenticare quel che è stato? Siamo così risoluti verso il futuro da non poterci più stupire per quell’incredibile balzo verso l’oggi che vivemmo quella notte? Una generazione è ormai passata e molti di quanti quel giorno ascoltarono e videro, ormai non ci sono più. Tanto basta per farci dimenticare?
Eppure quel giorno ci ha cambiati. Ci ha cambiati molto. Forse più di quanto non possiamo immaginare. Perché quel giorno l’uomo ha realmente superato sé stesso, ha realmente messo un piede oltre il limite che aveva nella propria mente. Quel giorno è successo qualcosa con una portata tanto ampia da ripercuotersi ancora sull’oggi in modo feroce, abnorme. Ma lo fa in modo lento, costante e inesorabile. Come un plenilunio. Come l’alternarsi delle maree.
Overview effect
Il primo passo sulla Luna ha proiettato simbolicamente l’umanità intera verso un nuovo punto di vista. Per la prima volta ogni singolo essere umano ha vissuto sulla propria pelle la sensazione fisica di poter essere altrove, e da altrove guardare in questa direzione. Mentre dall’Apollo giungeva l’entusiasmo della vista della Terra da lassù, chiunque sentiva e viveva quell’esperienza non poteva che assorbire quelle sensazioni. E sono sensazioni destinate a segnare profondamente la psiche tanto dei singoli, quanto della società.
Vedere la Terra da un altro punto di vista è qualcosa che negli anni è stato ampiamente studiato e approfondito proprio in virtù dell’impatto che hanno avuto quegli scatti sull’immaginario collettivo. Si chiama “overview effect“, ossia l’effetto che la veduta d’insieme provoca sulla persona. Improvvisamente, infatti, l’uomo si è reso conto di vivere su una sfera che galleggia nell’infinito vuoto, un piccolo bagliore nell’infinito buio: una sfera unica e senza confini, una sorta di veicolo che ci unisce e ci protegge. La sensazione vissuta è qualcosa di mistico, allora come oggi, che determina un cambio di prospettiva. L’uomo, abituato ad osservare cose, persone e orizzonti distanti non più di qualche chilometro, improvvisamente si trova a poter vedere tutto in un istante, con effetto deflagrante su ogni qualsivoglia sensazione e percezione che si aveva in precedenza della realtà.
Al di là della meraviglia del momento, che rappresenta più che altro la scintilla da cui tutto ha inizio, la visione della Terra dallo Spazio, nonché la sensazione fisica di mettere piede sul nostro Satellite insieme agli astronauti di quel 20 luglio 1969, hanno determinato un nuovo inizio. Sebbene sia acrobatico, non sarebbe completamente folle pensare che sia nato quel giorno il baccello della globalizzazione, o la pulsione primaria per la nascita della Rete. Non è mai corretto identificare una causa sola all’interno di queste dinamiche, ma una giornata come quella, con l’umanità intera concentrata su quanto stava accadendo sulla Luna, non può che incidere più di altri fattori.
L’overview effect è una cura che oggi ci sarebbe utile più di allora, poiché concentra su di sé tutti quei concetti di cui sostenibilità ed economia circolare dovrebbero avidamente nutrirsi. Ma forse abbiamo smesso di stupirci. Forse quelle immagini son tornate ad essere solo immagini, gocce di un flusso continuo di stupore e stimoli mediati, annacquate nello stillicidio di novità che ogni giorno imperversano tra distratti click. La medialità ha allontanato quelle sensazioni: il mondo globale, tornato a essere piccolo, ci ha nuovamente racchiusi in un orizzonte stretto. Oggi forse non è solo distante pochi chilometri, ma è distante pochi click, un paio di notifiche e una manciata di GB. Nulla che abbia a che fare con la sensazione fisica dell’essere nuovamente sulla Luna, del guardare verso il basso e meravigliarsi. Nulla che abbia a che vedere con la sensazione di aver ricevuto un dono prezioso. Nulla che abbia a che fare con l’overview effect.
Torniamo sulla Luna, ci servirebbe. Mentre continuiamo a sognare Marte, che potrebbe però essere più che altro un primo passo verso la fuga da questo pianeta, ricominciamo a sognare il nostro satellite. Specchiamoci nuovamente su quella superficie, per guardarci negli occhi e decidere cosa vogliamo farne.
Torniamo a sentire negli occhi il sacro fuoco dello stupore. Senza meraviglia non c’è curiosità. Senza curiosità non c’è futuro. Torniamo sulla Luna, ripartiamo da lì. Ripartiamo da noi.