URSS, una storia dei computer (1948-1989)

URSS, una storia dei computer (1948-1989)

Il ruolo della scienza militare, le difficoltà di uno sbocco sul mercato, la rincorsa delle tecnologie occidentali, i cloni dello Spectrum - a cura di Fabrizio Bartoloni
Il ruolo della scienza militare, le difficoltà di uno sbocco sul mercato, la rincorsa delle tecnologie occidentali, i cloni dello Spectrum - a cura di Fabrizio Bartoloni

Slava Gerovitch, in un articolo pubblicato dal MIT, espone le contraddizioni e gli ostacoli politici alla nascita dell’informatica sovietica attraverso due slogan di quegli anni in contraddizione tra loro: “Raggiungere e sorpassare”, riferito alla tecnologia occidentale, e “Criticare e distruggere”, in merito al substrato ideologico insito in essa.

A dispetto del coraggioso lavoro di convincimento degli scienziati affinché l’IT godesse il sostegno del Politburo, pagato a volte con la fine della carriera e la chiusura del dipartimento, solo la competizione della Guerra Fredda diede la spinta decisiva. Preme sottolineare come la fortissima richiesta da parte dell’Esercito per i programmi di difesa fu accompagnata dall’estensione di segreto militare alla quasi totalità della materia, strozzandone a lungo l’applicazione in campo civile.

Il pioniere di questa storia fu Sergei Lebedev dell’Accademia Russa delle Scienze, già pupillo di Mikhail Lavrentyev, l’autore del celebre discorso al Soviet sul gap tecnico tra Russia e USA. Durante il conflitto appena concluso, Lebedev aveva concepito un modello analogico in grado di risolvere le equazioni differenziali del suo sistema di puntamento automatico dei missili.

Nel 1948 apprende dello sviluppo di elaboratori elettronici in Occidente e comincia subito a lavorare al BESM-1 , completato tre anni dopo. Altre fonti danno il MESM(1950) , conosciuto pure sotto la sigla SECM, quale suo primo calcolatore, tutti sembrano però concordare nel riconoscerlo padre dell’IT russo (primato giocato sul fil di lana con l’M1 del collega Isaak Bruk , nessuno dei due sapeva del lavoro dell’altro).

Al pari di ogni altro ambito della vita pubblica e privata, la macchina burocratica fa pesare il suo ruolo condizionando la storia informatica di quel lembo d’Europa. È quindi per opposizione del Ministero della Costruzione di Macchinari e Strumenti, intenzionato a promuovere la propria creatura seppur inferiore, che il BESM-1 non viene diffuso.

Nel 1958 la costanza di Lebedev viene premiata dall’ingresso in produzione di BESM-2 (lento ma affidabile, usato a fini balistici nella corsa allo spazio siderale) e M-20 (più veloce). Nel frattempo la firma del Patto di Varsavia del ’55 aveva sigillato un ecosistema tecnologico chiuso destinato a rimanere tale per molti anni a venire.

il besm-6 Gli anni ’60 vedono una monocorde evoluzione del BESM attraverso poco fantasiosi nomi per i vari aggiornamenti da BESM-3 al BESM-6 del ’67 (qui a lato una riproduzione), vera macchina culto dei nostalgici capace di un milione di operazioni al secondo e dotato di compilatori Fortran, Algol e Lisp. Quest’ultimo aveva un pannello frontale a mo’ di debugger adibito a mostrare in tempo reale il contenuto dei vari registri, 192 KB di memoria di base e una pletora di periferiche proprietarie inclusive dei consueti lettori di schede perforate, telescriventi e lettori di nastri magnetici.

Purtroppo i tanti ingegni del settore erano frustrati dalla miopia dell’industria hi-tech ed elettronica tra ’60 e ’80, e dall’assenza di adeguati standard statali per software ed hardware negli anni ’60 e ’70 (cfr. “Computing in Russia” di Trogemann et al., p.5). La mancanza in questa fase di un mercato privato teneva alti i costi e poneva freni allo sviluppo. Bruk osserva nel ’71, in alcuni appunti rimasti privati, che delle poche centinaia di computer prodotti annualmente esistessero almeno dieci varietà, tutte incompatibili tra loro, e questo comportava pesanti ostacoli.

La distensione sullo scacchiere internazionale degli anni Settanta, mista allo spionaggio industriale nei confronti delle tanto vituperate industrie americane, condusse ad una iniziale adozione di standard e architetture occidentali senza per questo fermare la ricerca indipendente (ibidem, p.15). Il sistema “Ryad” (termine russo che significa semplicemente “Le serie”) era il perno di ES , una famiglia di computer compatibili a livello di applicativi come potevano essere i PC generici nei confronti dell’IBM: di fatti i modelli di fascia alta erano interoperabili con l’IBM 360 e quelli di bassa col PDP-11. Questo divenne il riferimento per la formazione in istituti e università di tutti i paesi dell’allora blocco comunista ed ebbe uno strascico duraturo nell’area sino alla caduta del muro di Berlino. L’embargo tecnologico USA nel ’79 in seguito all’invasione dell’Afghanistan da parte di Mosca chiuse tale decennio di apertura.

Questo insieme di concause portò finalmente l’informatica fuori dai laboratori militari e, pur con insanabile ritardo, anche nelle case russe e dei paesi satelliti. Possiamo ringraziare la rivista “Radio” per la pubblicazione nell’83 della schematica del Micro-80, cuore Intel 8080, primo computer sovietico da assemblare rivolto agli hobbisti, frenato dal requisito di oltre 200 componenti, molti di difficile reperibilità se non sul mercato nero .

il Pentagon, il più potente clone russo dello Spectrum La stessa testata rimediò proponendo il più abbordabile Radio-86RK, uscito appunto nel 1986, e stiamo ancora parlando di un sistema in bianco e nero col solo output testuale. Intanto gli economici Spectrum, giunti di contrabbando attraverso la Polonia nell’84, erano stati studiati e riprodotti con componenti locali dando vita ad innumerevoli cloni evoluti (vedi qui a lato) ben oltre la vita commerciale della controparte inglese, cui solo la proliferazione dei PC a metà dei Novanta darà uno stop.

Queste copie delle macchine Sinclair erano quanto di più avanzato ci fosse sul mercato consumer e finirono per prenderne il controllo: nulla potevano i rudimentali prodotti autoctoni troppo indietro nella scala evolutiva, presto solo le scopiazzature di macchine europee e americane quali la serie Agat , grossolano scimmiottamento dell’Apple II, coprirono le poche nicchie rimaste, di lì a poco il crollo dell’impero fece il resto.

Fabrizio Bartoloni

sul tema vedi anche:
Una Storia dei computer giapponesi (1956-1997)
La Storia della Demoscena
Videogiochi in Italia, una storia industriale

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Pubblicato il
30 gen 2009
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