Il giornalista statunitense Matthew Key ha ricevuto una sentenza di due anni di prigione per hacking .
I fatti risalgono al 2010 , quando, secondo la sentenza di condanna emessa dal giudice a stelle e strisce lo scorso ottobre , il giornalista avrebbe aiutato il collettivo di hacktivisti Anonymous a penetrare in un server di proprietà della corporation Tribune Company, suo ex datore di lavoro. Ad accusarlo era stato nel 2013 il Dipartimento di Giustizia (DoJ) del governo statunitense, secondo cui Keys aveva fornito le chiavi di accesso al server dell’editore abusando della sua posizione di dipendente: sarebbe entrato in una chatroom IRC frequentata da componenti di Anonymous e avrebbe trovato l’appoggio degli hacktivisti per danneggiare il suo ex-datore di lavoro modificando senza autorizzazione un articolo apparso sull’edizione telematica del Los Angeles Times. Una modifica corretta in appena 40 minuti ma che secondo le autorità avrebbe causato gravi danni economici.
Key era stato nel frattempo licenziato dall’agenzia Thomson Reuters ed aveva passato gli ultimi mesi ad aspettare la sentenza per la condanna per tre diversi capi di imputazione del Computer Fraud and Abuse Act (CFAA): rischiava 25 anni di prigione e l’accusa ne aveva chiesti sette e mezzo. Per questo ha vissuto nell’angoscia, riferendo ora di ultimi tre anni particolarmente provanti, ribadendo la sua innocenza.
In any case, the sentence is what it is. Ìm innocent, and I hope that we can make some headway in the appeals process.
– Matthew Keys (@MatthewKeysLive) April 13, 2016
Il tutto si è giocato sul calcolo dei danni provocati al giornale dal defacement di un articolo per quaranta minuti: la difesa aveva chiesto la condizionale ed aveva provato a dimostrare il danno minimo provocato alla proprietà, tuttavia questa è riuscita a far valere tra i 10mila ed i 13mila dollari di danni, conteggiando soprattutto gli interventi successivi all’attacco e alle spese legali. A questa cifra notevole, ma molto ridimensionata rispetto agli oltre 200mila dollari di danno che sosteneva nei documenti pre-processuali l’accusa, sono legati i 24 mesi di condanna a cui seguiranno 24 mesi di libertà vigilata.
Il Giudice Mueller, infatti, ha riconosciuto che non si tratta “del danno del secolo” e che si è trattato di un “defacement relativamente modesto che non ha causato ingenti danni alla reputazione del giornale”.
Claudio Tamburrino