La vicenda delle email trafugate dai server del Democratic National Committee , che ha creato non poco imbarazzo ad Hillary Clinton candidata alle elezioni presidenziali per conto del Partito Democratico, segna una nuova puntata. In un comunicato ufficiale James R. Clapper Jr., direttore dell’intelligence nazionale, e il Department of Homeland Security (DHS) sostengono che i messaggi di posta elettronica trafugati e trapelati i vari di siti web “hanno lo scopo di interferire con il processo elettorale degli Stati Uniti”.
In particolare, lo U.S. Intelligence Community (USIC) ritiene che l’attacco, la cui ricostruzione evidenzierebbe segni tipici delle azioni di spionaggio informatico condotte da entità riconducibili al governo russo, sia stato condotto direttamente o per conto delle maggiori autorità russe, con il chiaro obbiettivo di alterare le elezioni presidenziali. Come evidenziato nello stesso rapporto, non vi è alcuna prova concreta a supporto della tesi elaborata dall’USIC, anche se molteplici indizi sono stati confermati da società private di sicurezza, come threatconnect che ha pubblicato una ricerca che collega gli hack ad un gruppo di cyber-spionaggio che si ritiene essere operativo in Russia.
Nel rapporto si menziona anche WikiLeaks, sito che ha pubblicato gran parte del materiale trafugato dalla rete del Partito Democratico, creando non poco imbarazzo per i discutibili favoritismi elargiti in favore della Clinton, a danno del rivale Sanders. Il sito si è però rifiutato di rivelare la fonte delle informazioni pubblicate.
Le accuse contro il governo russo giungono a poche ore dalla richiesta, da parte del segretario di stato John Kerry, di un’indagine formale nei confronti dei governi russo e siriano per crimini di guerra, in relazione agli attacchi contro i civili ad Aleppo e in altre zone della Siria. Gli sviluppi segnano una netta escalation negli scontri tra Washington e Mosca. Lo scopo di questa richiesta di Kerry è da molti considerato il tentativo di dissuadere i russi nell’alimentare ulteriori rivelazioni che possano interferire con il normale corso delle elezioni, tanto che gli USA pensano addirittura di poter ricorrere ad un inasprimento delle sanzioni economiche nel caso le interferenze dovessero proseguire.
I funzionari governativi si sono però premurati di garantire l’impossibilità, per terzi, di interferire con il sistema di voto, evidenziando come gli attacchi (anche precedenti) abbiamo riguardato le banche dati di registrazione degli elettori ma non le macchine per il voto, che non sono connesse a Internet, confermando quanto dichiarato dal direttore dell’FBI James Comey nel corso di un’audizione Commissione Giustizia a fine settembre. Il governo USA ha colto l’occasione per sollecitare i funzionari elettorali statali e locali a collaborare con il DHS allo scopo di garantire la sicurezza delle loro macchine per il voto. La sensazione è che sull’argomento non sia stata messa la parola “fine”.
Thomas Zaffino