Roma – Potrebbe segnare una svolta per le fin qui molto discusse politiche di approvazione dell’App Store: FCC, l’ente federale statunitense che si occupa di telecomunicazioni, ha inviato tre lettere ad altrettanti soggetti coinvolti in una indagine formale appena avviata. Apple, AT&T e Google sono stati invitati a fornire tutte le informazioni in loro possesso relative alla mancata approvazione dell’applicazione per Google Voice per iPhone. In ballo, secondo FCC, ci sono i criteri applicati da Cupertino , ma anche le eventuali pressioni esercitate dal suo partner telefonico. Che comunque ha già fatto sapere di sentirsi estraneo alla vicenda.
Ricapitolando in breve quanto accaduto, la scorsa settimana da Mountain View avevano fatto sapere di aver lavorato alacremente alla realizzazione di una applicazione Google Voice per iPhone (diverse applicazioni non ufficiali erano già presenti in App Store), di averla sottoposta all’approvazione di Apple circa sei settimane fa, ma di aver ricevuto parere negativo. Nel giro di poche ore, anche le altre applicazioni presenti nel marketplace – con funzioni analoghe – sono sparite . E se per sviluppatori “minori” la cosa potrebbe quasi passare inosservata, per un colosso come Google ricevere due rifiuti (il bando di Latitude risaliva ad appena due settimane fa) in meno di un mese acquista un sapore e un peso tutto particolare.
A questo punto della vicenda si inserisce FCC. Con l’ invio di tre lettere agli altrettanti soggetti coinvolti nella vicenda, i già citati Google, Apple e AT&T, l’organo di controllo a stelle e strisce ha deciso di fare chiarezza : il sospetto che l’operatore telefonico partner esclusivo di Cupertino negli USA possa in qualche modo aver fatto pressioni per non avere concorrenza “in casa” è concreto , anche se il portavoce del provider ha già fatto sapere che “AT&T non gestisce o approva le applicazioni per App Store”. Da parte sua, l’operatore conferma di aver “ricevuto la lettera” di FCC, e di essere “ovviamente intenzionato a rispondere”.
La missiva di FCC, infatti, corrisponde all’avvio di una indagine formale che potrebbe condurre sino all’erogazione di sanzioni o comunque di regolamenti più precisi in materia di marketplace, VoIP e concorrenza nel settore. L’inchiesta avviata su iPhone e Google Voice si incunea inoltre all’interno di un’altra indagine partita dei mesi scorsi, e citata nell’incipit di ciascuna missiva, riguardante i criteri di esclusività nella fornitura di un terminale ad un singolo operatore : da qualche tempo sono gli stessi provider, Sprint e AT&T in testa, ad aver chiarito che il concetto stesso di telefono in esclusiva ad un singolo fornitore è destinato ad essere ridimensionato, ma ora FCC vorrà forse chiarire se questa pratica non costituisca di per sé una limitazione della concorrenza ed eventualmente un danno per i consumatori.
Le domande rivolte ai tre soggetti sono piuttosto esplicite: ad Apple viene ad esempio chiesto di spiegare e giustificare i propri criteri di eleggibilità per le applicazioni destinate all’App Store (dietro richiesta di Cupertino, l’intera documentazione potrà essere secretata), le specifiche motivazioni che hanno condotto all’esclusione di Google Voice e l’eventuali giustificazioni relative all’ammissione o alla dimissione di altre applicazioni VoIP all’interno del proprio marketplace. A Mountain View viene invece richiesto di fornire la propria versione su quanto accaduto, e di accludere anche una ricostruzione di quanto accaduto per Latitude.
La giustificazione ufficiale di Apple riguardo il respingimento di Voice pare sia stata la “duplicazione” delle funzioni interne di iPhone: quest’ultimo dispone già di un sottosistema telefonico (tradizionale), che in effetti parrebbe essere duplicato dalle applicazioni VoIP di Google. La differenza fondamentale, tuttavia, tra una telefonata tradizionale e una VoIP è il costo : con Google Voice (che pur strettamente VoIP non è ) le chiamate locali divengono pressoché gratuite, così come spesso gli SMS, mentre le tariffe ottenute sul traffico internazionale sono di gran lunga più competitive di quelle normalmente fornite nei piani tariffari mobile. Lo stesso Skype , forse la più celebre app VoIP in circolazione, pur presente su App Store e dunque su iPhone soffre di alcune limitazioni, differenti a seconda del proprio operatore di riferimento.
Fino a questo punto, Apple e Google sono rimaste in silenzio : difficile che ignorino l’invito di FCC a presentare la documentazione richiesta entro il 21 agosto, ma appare altrettanto certo che la luna di miele dei tempi del lancio di iPhone, quando il CEO di Mountain View Eric Schmidt saliva sul palco del Moscone Center per mostrare assieme al Steve Jobs la meraviglia di Maps sul melafonino, sia ormai terminata.
Se poi l’authority USA dovesse decidere per una liberalizzazione forzata del VoIP su rete mobile, si potrebbe assistere in breve a un effetto domino in Europa : causando bei grattacapi agli operatori di entrambe le sponde dell’Atlantico, che hanno già visto ridursi considerevolmente i propri margini di guadagno sulle reti fisse, ma anche a tutti i produttori di OS per cellulari ( non solo Apple ) che fino ad oggi hanno adottato politiche specifiche per la gestione di questo tipo di applicazioni. A trarne beneficio, i consumatori finali: probabile che FCC tenti una mediazione per garantire in questo frangente anche gli interessi delle telco.
Luca Annunziata