Si è tenuta un’audizione in materia di conservazione obbligatoria dei dati Internet presso la House Judiciary Subcommitte on Crime , presieduta dal repubblicano Sensebrebber, che ha rilanciato ancora una volta il dibattito sulla possibilità che il Dipartimento di Giustizia USA approvi una legge per costringere i fornitori di servizi Internet e le società di telefonia cellulare a conservare, per un massimo di due anni, i dati dei clienti . Dati che possono rappresentare elementi utili in caso di procedimenti penali per reati commessi tramite la Rete e in particolare per i casi riguardanti la pornografia infantile online.
Sensebrebber già quattro anni fa aveva formulato la proposta, subito dopo ritirata, chiedendo di adottare qualche forma di data retention per obbligare gli ISP alla conservazione dei dati. “Le politiche attuali – ha esposto durante l’udienza un portavoce del procuratore generale presso il Dipartimento di Giustizia, Jason Weinstein – che consentono la conservazione dei dati su richiesta delle autorità non sono sufficienti”. “Sempre più spesso – ha continuato – le autorità di polizia restano a mani vuote nel tentativo di catturare i predatori online o altri criminali a causa della indisponibilità dei dati relativi alle loro attività online”.
Ammettendo il divario esistente tra le esigenze delle politiche di conservazione su tali dati dovute a problematiche volte a garantire la privacy degli utenti in contrasto con le ragioni delle forze di polizia e delle relative indagini, Weinstein ha evidenziato come tale situazione debba essere risolta per permettere alle forze dell’ordine di garantire la sicurezza pubblica.
“Alcuni documenti – si legge nella testimonianza rilasciata ieri in aula – sono conservati per settimane o mesi, altri sono conservati per molto meno tempo prima di essere eliminati dai provider”. “I record di Internet e del telefono, quando essi sono conservati e rintracciabili, possono rappresentare una prova cruciale in una vasta gamma si casi come lo sfruttamento minorile, la criminalità violenta, il terrorismo, la corruzione pubblica, il traffico di droga, la pirateria online e quella informatica”. “Rendendo invece obbligatorio per i provider memorizzare tali dati entro determinati periodi di tempo – si legge – le autorità di polizia incaricate nel caso in questione possono essere certi di ottenere l’accesso ai dati quando ne hanno bisogno”.
John Douglas, capo della polizia a Overland Park in Kansas, nella sua testimonianza preparata per la Commissione ha esposto le stesse preoccupazioni di Weinstein, evidenziando come per via delle diverse politiche di conservazione dei dati si finisce per perdere tali prove digitali, ritenute fondamentali per ogni indagine di oggi. “Ci sono casi – ha esposto – in cui non siamo in grado di lavorare abbastanza in fretta, soprattutto perché si è scoperto successivamente che i registri sono scaduti e non siamo a conoscenza dei protocolli specifici del prestatore di servizi in merito ai periodi di tempo di conservazione ed eliminazione dei dati”.
Dall’alto lato ISP e compagnie telefoniche non sono molto eccitate all’idea di nuove regole in materia di conservazione , affermando di collaborare già da tempo con gli investigatori e sottolineando che la polizia può indicare in qualsiasi momento i dati di un utente specifico da preservare.
Non è la prima volta in cui viene richiesta una politica nuova in merito alla conservazione di questi log. In passato, numerose altre richieste, tra cui quella del direttore dell’FBI Robert Mueller e l’ex procuratore generale Alberto Gonzales, sono state presentate al Congresso per prendere in considerazione il problema e mettere in atto un quadro normativo. Non è chiaro ancora se l’audizione avvenuta in Commissione martedì rappresenti un chiaro segnale che un progetto di legge sulla conservazione dei dati è imminente. Vago, inoltre, è se con un ipotetico disegno di legge saranno solo gli ISP obbligati a tenere traccia e memorizzare gli indirizzi IP, o se si potrebbe richiedere agli ISP e a tutti i fornitori di servizi online di archiviare e tenere traccia di ulteriori servizi quali email, conversazioni a mezzo instant messaging o, ancora, le interazioni intessute attraverso i social media e i siti web.
Restano comunque , a prescindere dal campo di applicazione, le preoccupazioni in materia di privacy, di libertà di espressione . E il fatto che gli archivi conservati dagli operatori potrebbero incoraggiare il fenomeno del furto d’identità. Qualsiasi tipo di conservazione obbligatoria dei dati rappresenterà “sorveglianza sotterranea da parte del governo”, ha dichiarato a tal proposito Jim Harper, direttore degli studi di politica d’informazione del Cato Institute di Washington.
Raffaella Gargiulo