Il Congresso ha votato in questi giorni una nuova normativa nel tentativo di impedire a chi è stato condannato per reati sessuali di ricadere nello stesso errore interagendo in rete. La legge è bipartisan ed è stata approvata anche grazie all’impegno personale del candidato repubblicano alla presidenza alle prossime elezioni politiche, John McCain (nella foto). Come spesso accade per questo genere di normative, però, è una legge pressoché inutile , probabilmente dannosa in quanto restrittiva del diritto di parola e di espressione.
In buona sostanza, il Congresso chiede a tutti coloro che hanno subito condanne di quel genere di informare il National Sex Offender Registry delle proprie identità elettroniche , in particolare di passare all’organizzazione che gestisce database di nominativi il proprio indirizzo di posta elettronica, gli account utilizzati per l’instant messaging, eventuali siti e blog gestiti e più in generale tutte le informazioni che consentano un rapido e facile tracciamento delle attività online del soggetto.
L’idea dietro questo provvedimento, cioè, è che questa sorta di auto-denuncia per integrare la gogna nazionale dei pregiudicati con i propri dati Internet , servirà a tenere lontano da ambiti di social networking e siti per minori persone che potrebbero, secondo il giudizio comune, approfittare degli strumenti online per perpetrare ulteriori reati.
Il database con tutti i nuovi dati, infatti, verrà messo a disposizione dei grandi fornitori di servizi social come MySpace, Facebook e via dicendo, integrando così la ricerca che questi ultimi già svolgono per individuare e mettere al bando i pregiudicati. Queste grandi società del networking sociale non avranno quindi più scuse, questa è l’idea, e la rete sarà più protetta di prima .
Inevitabile chiedersi se sarà davvero così. Le prime domande che emergono riguardano la facilità con cui è possibile creare identità multiple in rete, adottando account diversi per servizi diversi, differenziando le modalità di accesso a questo o quel network, nascondendo l’IP di connessione e via dicendo. Questo significa che qualunque persona condannata per reati sessuali, o qualsiasi altro reato, non dovrebbe avere difficoltà ad aggirare il ban imposto dal Congresso.
A questo si aggiunge poi, naturalmente, la delicata questione della libertà di espressione e la tutela degli altri diritti della persona. Di recente alcune sentenze hanno ribadito il diritto ad esprimersi anonimamente in rete anche per coloro che sono stati condannati per reati sessuali.